Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Un attore hollywoodiano, diventato celebre anni prima recitando nel ruolo di un supereroe, mira a rilanciarsi presso il pubblico intellettuale mettendo in scena a Broadway Di cosa parliamo quando parliamo d’amore di Carver; intorno ha l’ex moglie, l’attuale compagna (forse) incinta, la figlia (forse) in via di disintossicazione, un collega scrupoloso ma pazzoide, la temibile critica letteraria del “New York Times” che minaccia stroncature e soprattutto un alter ego immaginario che lo esorta a lasciar perdere il teatro e a tornare in territorio blockbuster. Michael Keaton fa dell’autoironia sui suoi trascorsi da Batman, come Edward Norton sul suo perfezionismo: è un gioco metacinematografico fin troppo scoperto, e anche Iñárritu sembra volersi divertire facendo un uso funambolico della macchina da presa (d’accordo, la sa usare, lo abbiamo capito: non c’è bisogno di dimostrarlo ogni secondo). Tutti hanno la tendenza a parlarsi addosso, ma è abbastanza normale in un film basato in buona parte sui dialoghi; ci sarebbe una riflessione sull’ossessione del successo ai tempi dei social media, misurato sul numero di followers, che però viene affidata a un personaggio debole come quello di Emma Stone; la confezione è accurata, ma è uno di quei casi in cui la forma rischia pericolosamente di divorare la sostanza.
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