Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Un film cinico ed esistenziale che, oltre a criticare l'ambiente dell'industria cinematografica, è una riflessione sulla preoccupazione di un uomo di non essere all'altezza e sulla sua consapevolezza di valere quanto un costume da supereroe. Regia e fotografia eccellenti, attori straordinari lo rendono un (quasi) capolavoro. Voto 9.
Da una storia piuttosto semplice e lineare si sviluppa uno dei migliori film del panorama cinematografico contemporaneo: un'opera che, attraverso un antieroe magnificamente interpretato da Michael Keaton, si interroga sull'importanza dell'amore nella vita di un uomo ossessionato dall’immagine pubblica e vittima di quest’ultima. Egli è, inoltre, prigioniero di un personaggio che, nonostante gli abbia donato successo e popolarità, non gli ha mai dato né approvazione o soddisfazione da parte della feroce critica cinematografica né tantomeno l'amore da parte della famiglia, in quanto è un padre fallito ed un pessimo marito. Motivato da queste disavventure, è ostinato a dimostrare il proprio presunto talento artistico che in realtà, e lui ne è perfettamente consapevole, non possiede e non possiederà mai. La potente complessità tematica è magistralmente raffigurata dall'alternarsi di inquadrature statiche a lunghissimi piani-sequenza, accompagnati da una particolare colonna sonora, che seguono lo sviluppo di una storia di riscatto arricchita da dialoghi irresistibili, da un'ironia intelligente e beffarda, dalle ottime interpretazioni da parte dei comprimari e da una perfetta miscela tra realtà e finzione, due elementi che si conciliano e si scindono continuamente come Riggan Thompson e il suo alter-ego Birdman. L’opera di Inarritu è anche profondamente meta-cinematografica in quanto, oltre alle citazioni del Batman di T. Burton, presenta un discorso sull’immedesimazione da parte di un attore nel personaggio che interpreta fino ad assorbirne completamente la personalità, riflessione che si ricollega al rapporto tra realtà e finzione. Gli unici difetti che si potrebbero rimproverare al regista (ed al direttore della fotografia Lubezki) sono una lieve sensazione di manierismo autocompiaciuto e una linea tematica molto ambiziosa, che comunque qui, rispetto alle precedenti opere dei due artisti, risultano più misurati e molto meno fastidiosi. Per il resto, davvero un grandissimo film, che riconferma Inarritu come uno degli autori più talentuosi della sua generazione.
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