Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Finalmente un vincitore dell'Oscar come Miglior film che non ha rubato l'onore tributatogli, molto più interessante della media dei film premiati solitamente dall'Academy. Il regista messicano Alejandro G. Inarritu fa un film consapevolmente meta-cinematografico attraverso una cornice meta-teatrale che ricorda da vicino quella di "Eva contro Eva" di Joseph Leo Mankiewicz. Broadway nel 2014 risulta ancora più spietata di Hollywood? La storia di Riggan Thomson è volutamente tenuta in bilico tra finzione e realtà, le allusioni alla carriera passata di Michael Keaton sono talmente evidenti da risultare quasi ovvie, ma ci sono molti altri spunti e riferimenti meta-filmici (il bacio di Naomi Watts e della sua collega è una citazione evidente di quello di "Mulholland Drive" di Lynch). Si tratta di un dramma che arriva vicinissimo alla tragedia e che ha il coraggio di rischiare su un finale metaforico e visionario che mi ha lasciato comunque leggermente perplesso. La bravura registica di Inarritu è indubbia, tanto da orchestrare il film in un lunghissimo piano-sequenza, vertiginoso quasi come quello di Sokurov in "Arca russa", ma con alcuni inevitabili tagli di montaggio. Cosa dire di questa acrobazia stilistica? Virtuosismo allo stato puro, affascinante e allo stesso tempo un po' fine a se stesso. Il dramma di Riggan è condotto ugualmente con robusto mestiere, con dialoghi affilati e una certa logorrea tipicamente teatrale a cui ci si abitua: il personaggio è caratterizzato con grande efficacia da Michael Keaton nella sua dissociazione quasi schizofrenica e nella sua ansia di riscatto, mentre le figure di contorno non sono tutte memorabili, alcune solo abbozzate, ma spiccano almeno l'arrogante attore di un Edward Norton tornato al meglio della sua forma e che non ha paura di esibirsi in un nudo quasi integrale, nonché la figlia Sam in riabilitazione di un'energica Emma Stone, con un monologo in cui rimprovera il padre per la sua presunzione da antologia. Inarritu gioca forse un po' troppo a fare il "Wonder boy" alla Orson Welles (e in questo preferisco Paul Thomas Anderson), ma Birdman rappresenta comunque una delle maggiori sorprese degli ultimi anni.
Voto 9/10
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