Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
La valorizzazione di un personaggio, in un contesto filmico, può avvenire attraverso due strade: l’introspezione costante di un bravo attore, cosa che avviene più spesso seppur raramente, o sfruttando la capacità registica di un’artista talentuoso che riesce a dare il giusto tono decidendo di mostrare o meno un attore-personaggio rispetto all’altro, in base alla scena o al copione. Iñárritu è l’unico che ha questa eccelsa capacità che esprime in ogni sua pellicola. Birdman non è un film da Oscar, almeno non quanto la mano, l’occhio e la mente del suo geniale regista che inscena una denuncia sociale alla notorietà malsana che si insinua negli attori "popolari", lo fa attraverso la bravura di Edward Norton e l’istrionismo di Michael Keaton, senza tralasciare la sempre immensa (ormai) musa Naomi Watts. Parte dai blockbuster per finire nei social network, in mezzo c’è il caos delle manie abitudinari dei cinefili abitudinari, legati a personaggi fumettistici che si attaccano all’attore privato di personalità. Il messaggio di Iñárritu è talmente reale da spaventare quando ci si accorge che quell’imprevedibile virtù dell’ignoranza è più diffusa di quanto ci si crede: è nel vicino che ride senza motivo ad ogni battuta, nel ragazzino che mangiucchia popcorn aspettando il supereroe di turno e in quello della poltrona davanti a te che smanetta con l’Iphone distraendosi e distraendo anche chi quella virtù non sa di averla. Solo per veri intenditori.
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