Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Birdman (2014): Michael Keaton
Birdman è perfetto.
E' un film completo sotto tutti i punti di vista. Il regista, gli attori, gli sceneggiatori danno prova di estrema bravura, non solo perché è un film unico e geniale, polifonico e intimistico – e, posso dirlo senza riserve, il miglior film dell'anno - ma anche perché è tecnicamente ambizioso. Si presenta infatti come un unico lunghissimo piano sequenza.
Il trucco c'è, ovviamente: in realtà si tratta di più piani sequenza, impercettibilmente agganciati insieme in diversi punti “morti” (un istante di buio, una ripresa fissa di un muro etc.). Ciò non toglie che per la realizzazione del film lo staff intero abbia dovuto fare del suo meglio per concatenare le scene in modo che il risultato fosse un naturale scorrere di eventi. In pratica la macchina da presa incede inesorabile, fissa sulla pellicola una scena nel suo svolgersi, e nel frattempo gli attori, i direttori della fotografia, del suono, gli scenografi e compagnia bella devono allestire la scena immediatamente successiva, correndo contro il tempo, pregando di non sbagliare le battute, i giochi di luce, e che non si stacchi un pezzo del set o che non si strappi un costume. Questa tecnica, se ben utilizzata, incalza lo spettatore, lo trasporta su di un nastro narrativo irresistibile e irrefrenabile, ma d'altra parte non permette allo staff di segmentare l'azione, né di usare stratagemmi per facilitare le riprese, ottimizzare i tempi o aiutare gli attori nella memorizzazione delle battute. Qui conta solo la perizia della squadra.
Si gioca molto sulla contemporaneità e la posteriorità degli eventi, sulle ellissi e le dilatazioni temporali, per rendere la narrazione fluida, pregnante, significativa. Di pochissimi film si può dire che nessuna scena è lasciata al caso e Birdman rientra con forza in questa sparuta categoria; lo spettatore cinefilo non può non amare ogni singola battuta, ogni sviluppo della trama. Se volessimo trovargli a tutti i costi una collocazione nel panorama cinematografico lo situeremmo al polo opposto rispetto ad un blockbuster; si tratta di un'opera complessa che tratta di temi delicati e universali (temi certamente impermeabili al cinema d'intrattenimento): la crisi dell'uomo del duemila, il naturale bisogno di attenzione e di affetto, attualizzato e inquadrato in un mondo schizofrenico come quello dello spettacolo, le implicazioni psicologiche del mainstream...insomma di tanta roba da far lavorare gli ingranaggi del cervelletto.
Importa anche e soprattutto il modo col quale si aggrediscono queste tematiche: l'approccio è profondo, la telecamera non si limita ad immortalare l'esteriorità di questo flusso narrativo (come avrebbe fatto il migliore Scorsese): entra dentro ai personaggi, ne disseziona lo spirito e le ragioni più intime, ne palesa le paure e gli egoismi e tuttavia, in questo lavoro psicologico, non c'è nessuna presunzione, nessuna prospettiva sussiegosa o sopraelevata, nessuna banalizzazione o indugio, nessun ammiccamento al pubblico.
Birdman (2014): Emma Stone
Ma Birdman non è solo questo. E' un'opera capitale, ambasciatrice di istanze filosofiche nuove e vecchie, intessuta di citazioni letterarie e filosofiche. Mi azzardo a dire che il tema focale altro non è che una rielaborazione della poesia sull'albatro di Baudelaire. Il poeta (in questo caso l'attore) risulta sgarrupato, ridicolo e fragile se gettato nella quotidianità di una vita ordinaria o nel mucchio massificato di umanità. Egli deve spiccare il volo nel cielo della notorietà, deve rimanere sotto l'ala protettiva della chioccia-di-nome-Hollywood
A questo tema portante si aggiungono diversi raffinatissimi motivi. Come lo scontro atavico tra teatro, culla della vera arte recitativa, e il cinema, becera deformazione dell'altro. Come la dissoluzione morale che spetta a chi ricerca la popolarità (ma il mondo dello spettacolo è tutto marcio? In tal senso vedi Il viale del tramonto, Il giorno della locusta, Mulholland Dr. e il recentissimo Map to the Stars). Come la presunzione accecante dei critici d'arte, detentori a loro parere della prerogativa di discriminare cos'è arte e cosa non lo è, ma anche le ragioni del loro conservatorismo (quando tutto sembra perdersi nella mondana banalità è giusto reagire arroccandosi in una torre di avorio e tradizione) e le loro poco lungimiranti prese di posizione su ciò che è effettivamente innovativo e artistico (come si può rimanere affascinati dal suicidio di un attore sul palcoscenico ed etichettare questo impensabile dramma come “superrealismo”?). Come il confuso rapporto tra un padre troppo popolare e troppo assente e una figlia, cresciuta rachitica perché per troppo tempo l'ombra proiettata dal padre l'ha privata del sole, e come la loro incomunicabilità sia anche conseguenza della troppa comunicabilità di una vita sui social.
Infine da grande appassionato di Pirandello e di Lynch non posso non mettere in rilievo le somiglianze tra il discorso di Riggan sui suoi rimpianti per aver vissuto la nascita della figlia attraverso l'obiettivo della telecamera e I quaderni di Serafino Gubbio operatore, e la ripresa in uno dei segmenti finali della stessa atmosfera allucinante e dello stesso contrasto cromatico blu/rosso propri di quell'altro capolavoro che è Mulholland Dr.
Birdman (2014): Naomi Watts
Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di vïaggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com'è goffo e maldestro, l'alato viaggiatore!
Lui, prima così bello, com'è comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava!
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.
(L'albatro – Charles Baudelaire)
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