Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film
Birdman è un esperimento di linguaggio cinematografico complesso e affascinante, sofisticato ma anche ridondante, furbescamente ostentato e fortemente pretenzioso ma anche emozionante, un riuscito esercizio di stile del regista, a dire il vero un po’ "spaccone", e sorretto da solidissime interpretazioni anche se marcate, forse, da un'eccessiva teatralità (ma probabilmente voluta, dato anche la natura stessa del testo).
Il film è una commedia grottesca, quasi una favola nera, che racconta la presunzione e la vulnerabilità dell'artista, o di chi si reputa tale, ed è invece costretto a confrontarsi o con l'evidenza contraria o con la difficoltà di renderlo palese agli occhi di una società sull'orlo di un "genocidio culturale", fagocitata dai social media e creatori di nuove forme di ambizioni "virali" (e quindi necessariamente fasulle) a da forma di entertaiment sempre più stupide e nocive.
Tra i temi principali abbiamo anche l'egoismo, specie quello maschile (al contrario, le figure femminili del film si dimostrano più adulte, mature e "sagge" degli uomini) e la conseguente incapacità del protagonista di privarsi dell'approvazione degli altri, una folle ricerca del consenso pubblico (o di critica) anche a scapito dei propri affetti o dell'amore della propria famiglia (e della propria sanità mentale).
Tecnicamente parlando, siamo davanti ad un (quasi?) capolavoro realizzato come un lunghissimo piano sequenza "mascherato" di quasi 2 ore e che ha il merito di non risultare come un vuoto esercizio di stile ma, superato lo sfasamento iniziale, riesce anzi a coinvolgere lo spettatore e a immergerlo nella vicenda, a tratti anche allucinata grazie a una fotografia straniante, ma che quasi mai decade nell'inverosimile o, peggio ancora, nel ridicolo.
Ottima la prova degli interpreti, da un gigantesco Micheal Keaton (e sbrigatevi a dare un Oscar a quest’uomo!) a un fantastico Edward Norton, dalla splendida Emma Stone fino agli altri interpreti (Andrea Riseborough, Zack Galifianakis, Naomo Watts, Amy Ryan, Jeremy Shamos, Jackie Hoffman e Lindsay Duncan), tutti molto bravi.
Molto spiazzante e originale la superba colonna sonora, composta soltanto da una batteria in un improvvisato jam-session, quasi come a sottolineare l'imprevedibilità degli eventi e della vita, forse anche oppressiva e invadente a volte, ma funzionale al racconto.
A mio modo di vedere, una felicissima intuizione.
In definitiva, un ottimo film ma, se proprio vogliamo trovargli comunque qualcosa, anche pretenzioso ed eccessivamente ostentato soprattutto in riferimento ad una storia piuttosto semplicistica (e le critiche sociali o cinematografiche ivi comprese risultano piuttosto banalizzate, anche gratuite se non vengono poi elaborate e/o analizzate nel corso dell'opera) ma immagino che i principali interessi e le attenzioni maggiori del regista fossero, anche giustamente, rivolte soprattutto alla messa in opera del film e al valorizzare i suoi splendidi interpreti.
VOTO: 8
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