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La gabbia dorata

Regia di Diego Quemada-Diez vedi scheda film

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La recensione su La gabbia dorata

di alan smithee
8 stelle

Il Festival di Cannes è davvero una fucina di film straordinari e potenti. Solo nel 2013 - per citarne qualcuno alla rinfusa, molto alla svelta e senza alcuna accurata selezione - sono passati (o passeranno presto, si spera) gli ultimi straordinari lavori dei Coen, di James Gray, di Jia Zhang ke, di Kore-eda, di Sorrentino, Soderbergh, Farhadi, nonché il vincitore Kechiche (alla fine neanche il film più bello rispetto ai primi citati) e molti altri ancora. La gabbia dorata, immagine paradisiaca di un traguardo terreno tanto agognato quanto improbabile e difficile da raggiungere, al pari di una ingannevole voluttuosa oasi in un deserto assolato e senza scampo, è un'altra sorpresa cannese, meritatamente premiata nella sezione "Un certain regard" col coerente premio "Un certain talent". Altra vicenda legata all'immigrazione, ma ai giorni nostri questa volta,  a differenza che in The immigrant di James Gray visto proprio i giorni scorsi. La storia di un manipolo di giovani, poco più che bambini, disposti a tutto pur di lasciare il loro natio Guatemala per raggiungere l'ipotetico paradiso americano, dopo chilometri di percorso da clandestini su treni merci affollati di una umanità in fuga, sfidando percorsi insidiati dai mille pericoli che essi stessi si attirano alle calcagna. E per che cosa? Per ritrovarsi braccati e in condizioni da schiavitù a lavorare in un macello a raccogliere i brandelli marcescenti dal suolo, dopo una fuga che ha fatto loro lasciare alle spalle quelli che, dopo le iniziali diffidenze e titubanze, si erano dimostrati come compagni di viaggio preziosi e degli amici veri. Un altro dramma, come sempre quando l'esodo è dettato da ragioni di sopravvivenza, da guerre fratricide, da ragioni etico-politiche. Il regista esordiente Quemada-Diaz segue i suoi ragazzi cercando di documentare la loro fuga senza intromettersi col crudo realismo di un esodo che non lascia molto scampo ai suoi protagonisti: non prende posizione, non si concede divagazioni che lascino pensare a commenti o denunce di sorta. Anche perché lo sdegno nei confronti di un paese ed una civilta' che respinge con violenza, sangue e uccisioni a sangue freddo, ma se può di nascosto sfrutta e torchia fino allo sfinimento persone inermi e in balia di un ricatto disgustoso e prevaricante, è palese e dirompente.  La gabbia dorata si unisce ai molti film belli o almeno importanti che narrano le infinite peripezie e sciagure di un popolo oppresso alla ricerca di riscatto, di un eden terreno che qualche miraggio (o qualche farabutto opportunista) gli ha messo dinanzi come probabile e non impossibile da raggiungere. Un sogno che molto e troppo presto si infrange ferendoti a morte con le sue schegge acuminate, aguzze di una realtà brutale e senza via d'uscita.

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