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Bends

Regia di Flora Lau vedi scheda film

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La recensione su Bends

di maurizio73
5 stelle

Sebbene lo schematismo di questi destini incrociati solletica empatie trasversali per storie inconciliabili e moralmente antitetiche,il film della Lau riesce a trovare nel controcampo di un paesaggio metropolitano armonico ed ordinato la singolare cifra poetica entro cui iscrivere la sua esemplare storia di neorealismo in salsa cantonese.

Con la moglie in attesa del secondo figlio nella Shenzhen della restrittiva politica demografica cinese, il giovane Fai è costretto a racimolare la somma che consentirebbe alla moglie di partorire nella confinante e più libertaria Hong Kong. Gli verrà in soccorso l'annoiata e ricca signora per cui lavora come autista, allorchè quest'ultima attraversa una condizione di fragilità emotiva e difficoltà economica che la rende più sensibile verso un mondo che prima di allora aveva sempre ignorato.

 

Teaser poster

Bends (2013): Teaser poster

 

Al suo primo lungometraggio dopo due corti e un documentario, la giovane Flora Lau scrive e dirige un film che guarda con sensibilità alle contraddizioni economiche e sociali della moderna Cina continetale e con interesse alla ribalta festivaliera dei salotti radical chic dell'intellighentia occidentale, rischiando di scivolare sulla superficie di un discorso cinematografico degno di un maggior approfondimento culturale ed un minor numero di mossette e moine ad uso e consumo esclusivo del suo pubblico di riferimento. Se autori ben più impegnati e coraggiosi avevano traghettato il passaggio della ex colonia britannica verso la modernità e l'emancipazione dal controllo centralizzato e dall'influenza politica della Repubblica Popolare (vedi alla voce Fruit Chan), la vicenda della Lau ci vorrebbe parlare del dualismo insito in questo percorso storico e delle sue ricadute in termini di disparità e sperequazioni economiche e sociali che ancora stridono con l'immagine di un paese moderno e proiettato verso le luccicanti vetrine dell'economia di mercato e della globalizzazione. Così se a piangere è il povero, costretto a tenere la moglie in dolce attesa nella gabbia poco dorata di uno slum metropolitano (con tanto di inferriate alla finestra e tendine ricamate da motivetti ornitologici), il ricco non se la passa meglio, dovendo rinunciare ad un tenore di vita fatto di un lungo campionario di scuole di tango, ristoranti di lusso, coiffeur alla moda, haute couture, carte di credito assortite, arredamento domestico, chihuahua anglofoni e, dulcis in fundo, cameriera filippina che la chiama compassatamente Ma'am! Sebbene lo schematismo di questi destini incrociati solletica empatie trasversali per storie inconciliabili e moralmente antitetiche (se esiste l'ingiustizia dell'una è per il sistema che sostiene la seconda e non già perchè la vita è egualmente iniqua per tutti), il film della Lau riesce a trovare nel controcampo di un paesaggio metropolitano armonico ed ordinato la singolare cifra poetica entro cui iscrivere queste storie di neorealismo in salsa cantonese, trovando credibilità laddove si avvicina ai personaggi nell'intimintà di una dimensione domestica cui sentiamo di dover apporre un sigillo di autenticità e fedeltà della rappresentazione sociale. Resta un film dove le due vicende si spartiscono con aritmetica precisione i tempi ed i ritmi della narrazione, convergendo senza troppi sussulti verso un finale esemplare che lascia i personaggi appiedati per una macchina in panne a causa di una colpa degna di tale contrappasso ma li mette con solidale comprensione sulle strade opposte di una inevitabile rinascita. Tutto è bene...Bellissime le musiche di Patrick Jonsson e la fotografia di Christopher Doyle. Presentato al Festival di Cannes 2013 nella sezione Un Certain Regard e meritato premio come miglior attrice protagonista a Carina Lau all'Osaka Asian Film Festival 2014.

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