Regia di Alex Van Warmerdam vedi scheda film
Alla luce del costante clima di mistero e delle tensione crescente che governano il film, Borgman sembra proporsi in parte come un apologo sulla lotta di classe, nel quale serpeggiano anche i temi del razzismo, dell'ipocrisia e dell'inautenticità borghese.
Camiel Borgman (Bijvoet) sembra un personaggio fiabesco: esce dal suo rifugio sotterraneo in mezzo a un bosco, dove vive come una talpa, per andare a scampanellare alle sontuose ville di agiatissimi borghesi, chiedendo di fare un bagno caldo. Anche grazie all’ingenua complicità di un’insoddisfatta madre di famiglia (Minis), riuscirà a trovare il modo per entrare in una di quelle case faraoniche sotto le mentite spoglie di un giardiniere e, con l’aiuto di alcuni complici, si trasformerà in una sorta di angelo sterminatore.
Fa centro per l’ennesima volta uno dei registi più creativi e sottovalutati dell’intero panorama europeo: l’olandese Alex Van Wanmerdam (già autore dell’imprescindibile Il vestito), alfiere di un cinema liberissimo e straordinariamente creativo che attraversa i generi iniettandovi simbolismi non sempre di facile decifrabilità (levrieri che compaiono all’improvviso, cicatrici misteriose, eccetera). Alla luce del costante clima di mistero e delle tensione crescente che governano il film, Borgman sembra proporsi in parte come un apologo sulla lotta di classe (sebbene il prezzo lo paghi anche il proletarato), nel quale serpeggiano anche i temi del razzismo, dell'ipocrisia e dell'inautenticità borghese. Ne esce una commedia nera in cui il protagonista riveste un ruolo purificatore al servizio di un thriller psicologico ermetico, bizzarro e grottesco.
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