Regia di Jiri Menzel vedi scheda film
L’arte è un po’ malandrina. Soprattutto la musica. La sua scanzonata ambiguità è come l’anima di Don Giovanni, che cantando si posa di fiore in fiore, trovando, in ogni circostanza, la tonalità più adeguata alla seduzione. La commedia di JirÍ Menzel è un making of della celebre opera mozartiana, nel quale la preparazione dello spettacolo diventa un banco di prova esistenziale per i cantanti e per il regista. Sul palcoscenico ognuno porta le proprie frustrazioni, i ruoli interpretati nella vita reale, che finalmente svelano la loro precarietà basata su una finzione fuori tempo massimo. I donnaioli mostrano i loro limiti ed i loro rimorsi, le prime donne le loro varie debolezze, e intanto, a trionfare veramente, è qualcuno che, dall’esterno, in maniera poco appariscente, detiene la chiave di una silenziosa verità. Marketka ama la lirica, ma non è che una dilettante. È una donna sola, abbandonata dall’amante quando era ancora adolescente, una ragazza madre che, per quarant’anni, non ha mai smesso di sognare. Ci sta provando ancora, a mettere in scena la sua favola: un’opera realizzata per intero da un coro di bambini, che farà rivivere un vecchio teatro abbandonato e destinato alla demolizione. Marketka non ha rimpianti, non porta rancore, e pensa sempre e solo al futuro, sfidando i pregiudizi, le autorità, e persino le leggi. La sua spontaneità è lo slancio verso un bene che non conosce regole e non guarda in faccia a nessuno. La prendono per pazza, ma a lei non importa. I malati sono certamente altri, i maniaci conquistatori che, nelle loro avventure sessuali, cercano unicamente l’illusoria conferma di un potere inesistente. Invece è nella gente piccola, bizzarra, apparentemente inaffidabile che alberga l’energia in grado di cambiare le cose, compiendo autentici miracoli. Don Giovanni è un nanerottolo poco attraente, Donna Anna una giovane fricchettona, ma insieme sapranno comunque - pur se con qualche difficoltà - creare una magia. L’apparenza inganna, tuttavia la realtà deve faticare non poco per convincerci di ciò: deve prima attraversare tutte le asperità dell’imperfezione, producendo scintille di grottesca allegria, fino a trionfare, magari a metà, con un sorriso dolceamaro sulle labbra. La filosofia della via di mezzo è una comicità trattenuta, continuamente esposta agli scivoloni nella caricatura e negli stereotipi, e che pure, ogni volta, si rivela capace di salvarsi, ricomponendo in extremis la sua dignità fatta di onestà e candore. Forse non dovremmo chiedere di più, a una storia magari non del tutto originale, ma che sacrifica la fantasia a favore della bonarietà, della limpidezza di uno spirito giocoso che non ha paura di mostrarsi nella sua semplice umanità: un modo d’essere lontano dagli eccessi, né troppo serio, né troppo dimentico delle cose che davvero contano.
Donšajni ha concorso, come candidato della Repubblica Ceca, al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero.
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