Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Pur imbastendo, con questo film, forse il suo lavoro meno compiuto, Gianni Amelio rimane il più grande cineasta italiano vivente. Non ce n'è per nessuno. Difficilmente si poteva superare la bellezza di film come "L'Ultimo Uomo", "Le Chiavi Di Casa" o "La Stella Che Non C'è", eppure "L'Intrepido" rimane uno splendido lavoro, con un Antonio Albanese che se viene "investito" del ruolo giusto, lontanissimo dai suoi personaggi macchietta che al cinematografo non funzionano, funziona, invece, qui, perfettamente e diventa un grande attore. E attorno c'è, finalmente, il Cinema, una regia sontuosa, una fotografia degna di questo nome, una Milano in grado di commuovere anche me, ci sono i rimandi a Umberto D o a Keaton, c'è una sorta di neorealismo declinato a questi anni bui, quasi da dopoguerra. Un film malinconico, a tratti surreale, con la maschera positiva di Albanese che s'aggira con l'innocenza di un Forrest Gump. Attorno ci si suicida, si ruba, s'intrallazza, si schifa, s'insulta. "Lamerica" è diventata l'Albania, tanto per citare uno dei suoi film più belli. Rimane un mistero il perchè si scelga uno straccione come Sorrentino per gli Oscar, con un film orrendo, e mai, dico mai, si sia candidato un film di Gianni Amelio. Ma poco importa. Il film italiano più bello e politico del 2013.
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