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L'intrepido

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su L'intrepido

di barabbovich
4 stelle

Antonio Pane (Albanese) ha 48 anni, vive a Milano e di mestiere fa il rimpiazzo: qualunque cosa gli capiti, anche soltanto per una manciata di ore, lui la fa: conducente di tram, operaio edile, pulitore agli stadi. Il suo sogno è vincere un concorso pubblico, quello in occasione del quale ha conosciuto una ragazza fragile (l'esordiente Livia Rossi. Ma chi  ha fatto il casting?!) e vedere realizzate le aspirazioni di suo figlio (un altro esordiente: Gabriele Rendina), giovane sassofonista di (dubbio) talento.
Se qualcuno vi ha detto o avete letto che L'intrepido (il tiolo richiama la gloriosa pubblicazione a fumetti) è la prima commedia firmata da Gianni Amelio, non fidatevi. Non bastano la faccia di Antonio Albanese né il riferimento a Chaplin per dare vis comica al film. Al contrario, è uno dei lavori più lugubri di un regista poco prolifico (13 film in 43 anni di carriera), che torna a uno dei topoi più battuti del suo cinema, quello del lavoro (da La morte al lavoro, documentario del 1978, a La stella che non c'è). Ed è anche il meno riuscito dei suoi film. Non sono sufficienti uno strepitoso Albanese, che mostra di avere una gamma espressiva ciclopica,  in Albania a cercare lavoro (a distanza di 20 da Lamerica il processo migratorio va al contrario), né la fotografia impeccabile, con alcuni magnifici quadri in movimento (la pulizia dello stadio, la ricerca delle scarpe nel sottoscala di un negozio di calzature), firmata ancora una volta dall'inarrivabile Luca Bigazzi per dare corpo a un film ischeletrito, bozzettistico, con troppi luoghi comuni (l peggiori quelli dei cronisti tv ingordi a caccia di facili testimonianze e lo sproloquio del sindacalista) e un messaggio sulla dignità del lavoro a dir poco opaco.

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