Regia di Jaime Maestro vedi scheda film
Gli allievi della scuola d’animazione valenziana Primer Frame si ispirano alla Pixar e fanno subito incetta di premi, a cominciare dal prestigioso Premio Goya per il miglior corto d’animazione E tutto per una manciata di fumo colorato di rosa. Questo è l’ingrediente di base dei giochi di un giovane illusionista, che un giorno approda col suo carrozzone in un piccolo villaggio sperduto e sonnolento, Difficile, in mezzo al nulla, fare colpo con uno spettacolo di magia. L’aria è satura di noia e di disincanto, e l’abitudine è una crosta che rende refrattari alla fantasia. Per fare breccia in un mondo così chiuso e indifferente, il protagonista dovrà rivolgersi a chi è ancora troppo piccolo per aver sviluppato quella micidiale corazza: un prodigio compiuto sull’aeroplanino di un bimbo darà il via ad una raffica di richieste da parte degli adulti, del pescivendolo che vorrebbe un cane più grande e feroce, delle massaie che sognano di essere eleganti come le donne di città, della vecchina che rimpiange la gioventù. C’è tanta spiritosa immaginazione in quei desideri e nella loro magica realizzazione. E c’è un pizzico dell’avidità e dell’ambizione che caratterizza tutti noi, per quanto risibile possa essere la portata della nostre aspirazioni. La morale, che è quella di molte celebri favole, tira una frecciata ai creduloni e a chi non sa accontentarsi di ciò che possiede. Il principio del Chi troppo vuole nulla stringe riguarda anche le voglie più innocenti, che prefigurano le grandi vanità dietro cui troppo facilmente ci si perde, svendendo, in loro nome, persino le più elementari capacità di raziocinio. Credere ad un impossibile scomodo (come quello contenuto in certe verità di fede) è un atto coraggioso; credere in un impossibile allettante e conveniente significa, invece, lasciarsi indecorosamente imbonire. Gli abitanti di quel paesino non esitano, di fronte ad un’assurda evidenza, a farsi seguaci paganti di un sogno inverosimile, che è poi tanto più ignobile, quanto più si presenta come la somma delle varie personali ed egoistiche utopie. Labili sono le categorie dell’avere e dell’apparire, mentre drammaticamente stabile è la categoria dell’essere: la storia di un vagabondo e dei suoi chimerici miracoli è la metafora giocosa di tutto ciò che, non avendo valore, passa e va, fugace come la bellezza delle cose viventi. La forma è il molle involucro della seduzione, ma la sostanza non è altrettanto malleabile a piacere. Chi si fa abbagliare dalla prima, esce sconfitto, mentre dietro l’angolo festeggia, trionfante, chi ha saputo tenere sott’occhio il nocciolo duro della concretezza.
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