Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
Lucas Belvaux è un attore/regista belga che io ricordavo soprattutto come interprete del personaggio di Leon Dupuis nella “Madame Bovary” di Claude Chabrol nel 1990. Da anni si dedica anche alla regia, e questo “Pas son genre”, che andrebbe tradotto come “Non è il mio tipo”, un titolo che forse svela un po’ troppo sugli sviluppi della trama, è il suo primo film che mi capita di vedere. E’ un’insolita love-story fra Clement, un professore di filosofia parigino che è costretto a passare un anno lavorativo nella cittadina provinciale di Arras, e Jennifer, una parrucchiera con figlio a carico che cerca il grande amore, crede di averlo trovato, ma poi si rende conto che le differenze culturali finiscono per pesare, così come il fatto che Clement risulti singolarmente anaffettivo, fino ad un finale che è meglio non rivelare. E’ una commedia con sfumature drammatiche e malinconiche che fa riflettere sulla difficoltà dei rapporti sentimentali al giorno d’oggi, sulla precarietà affettiva tipica di molti single, sia uomini che donne, che arrivano ai quarant’anni senza riuscire a costruire una relazione stabile a causa di difficoltà personali o perché non aiutati da un contesto sociale competitivo. E’ un film che sa descrivere in maniera credibile i personaggi e le loro dinamiche relazionali, con buone intuizioni di sceneggiatura e una regia che sa dare adeguato risalto figurativo a diverse sequenze, come ad esempio quelle nel locale dove la protagonista va ad esibirsi in un karaoke insieme alle sue amiche, ma anche quelle che ci mostrano la coppia al pub o in giro per la cittadina, con una manifestazione carnevalesca nella parte finale che lascia indubbiamente il segno. E’ un film in un certo senso rohmeriano, che riesce ad essere piuttosto coraggioso anche nel finale, dopo una seconda parte che però, a dire il vero, riporta il rapporto fra i due su binari un po’ prevedibili e collaudati. Un buon risultato, in ogni caso, che deve molto ai due protagonisti, una Emilie Dequenne che si rivede con piacere a distanza di tanti anni da quel “Rosetta” dei fratelli Dardenne che le valse tanti meritati elogi e la Palma d’Oro a Cannes, ma che dimostra anche qui una duttilità espressiva che merita l’applauso, e un Loic Corbery, attore teatrale della Commedie Francaise, che riesce ad aderire con molta bravura agli slanci e alle insicurezze di Clement. Non è un vero dramma, ma per certi versi mi ha ricordato “La merlettaia” di Goretta, e lo sguardo pessimista gettato sulla vita di coppia rischia di alienargli i consensi del pubblico più “facile”.
Voto 7/10
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