Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
Se è vero quanto si dice spesso, ovvero che la diversità affina, completa, favorisce il confronto, il dialogo, il reciproco completarsi, sarà poi così anche nella concretezza della vita reale, quella che rifugge le massime e i luoghi comuni, le formule e le frasi fatte?
Lucas Belvaux gira sullo spettatore il quesito raccontandoci dell'incontro fortuito tra un uomo ed una donna che più diversi tra loro non potrebbero essere in pensieri, cultura, interessi e occupazione.
Quando un brillante e ancor giovane professore di filosofia, autore di saggi piuttosto noti tra gli addetti ai lavori, e fresco di una dolorosa rottura nel suo ultimo rapporto sentimentale, viene trasferito per un anno come cattedra da Parigi alla periferica Arres, la sua vita si catapulta dalla centralità e dal protagonismo della metropoli capitale, all'anonimato sonnolento della vita di provincia, notoriamente più chiusa in se stessa e poco avvezza ad aprirsi ai nuovi arrivati.
Per caso la vita del professore si incrocia con quella di una frizzante parrucchiera, separata con un bambino decenne, facendo scoccare tra i due un interesse che sfocia inevitabilmente in una partecipata, appassionante storia d'amore.
Ma ecco che molto della diversità di carattere, cultura, interessi tra i due, anziché stimolare le reciproche mancanze nei due, come di fatto suscita inizialmente, fa nel contempo nascere, soprattutto nella donna – la parte più semplice, fino addirittura ruspante, ma non per questo meno umanamente condivisibile – un sentimento di inadeguatezza nei confronti del partner che, al contrario, quasi per celare o non voler ostentare la propria fama di intellettuale, si sottrae al gioco, tacendo di certe sue opere letterarie unanimemente riconosciute come basilari nel campo della specializzazione da lui stesso conseguita.
Candenzato sulle note lievi ma intonate di un lungo karaoke a cui Jennifer si sottopone settimanalmente con due sue care amiche, sfoderando l'emozione e la gioia che solo a prima vista appaiono sguaiate e superficiali, ma si trasformano molto presto in un sentimento di reale appagamento che lascia nello scrittore, inizialmente un po' imbarazzato, un senso di irrisolto che egli rivolge a se stesso e alla propria pur formalmente impeccabile carriera di intellettuale, “Sara il mio tipo? (e altri discorsi sull'amore) è un film un po' verboso ed inerte, forse, ma nello stesso tempo più profondo e sincero di quanto non potrebbe apparire a prima vista.
Illuminato dalla presenza magnetica di una sfolgorante e mai così volitiva Emilie Dequenne (l'avrete riconosciuta certamente: è la Rosetta verghiana indimenticabile del capolavoro dei Dardenne premiato a Cannes), nonché dallo charme timido ma sofisticato di Loic Corbery, attore della celeberrima e prestigiosa compagnia teatrale stabile nata a fine '600 col nome di Comédie Francaise, (circostanza che viene ribadita quasi come onorificenza ed esclusività ogni qualvolta che ognuno degli attori che ne fanno parte partecipa anche ad altri progetti al di fuori della stessa), il film di Belvaux calpesta i terreni ampiamente battuti della commedia sentimentale leggera contemporanea, sfoderando nel suo epilogo un suo carattere drammatico che comunica un amaro pessimismo di fondo, quello che appartiene alla vita reale, alla gente che vive esistenze vere, solitudini reali, difficoltà concrete che inducono a lottare fino all'ultimo respiro, magari rifugiandosi una volta alla settimana al riparo di quattro mura colorate, tra il calore di un'amicizia ed un karaoke spumeggiante in grado di allontanare, almeno per un breve periodo, il pensiero e gli affanni della grigia inevitabile quotidianità.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta