Regia di Lucas Belvaux vedi scheda film
Per filmare la vita il cinema non deve necessariamente armarsi di telecamera a spalla, facce sconosciute e dosi infinite di santa pazienza. Esiste ancora la possibilità e “Sarà il mio tipo?” ne è la dimostrazione, di filmare l’esistenza facendola tracimare dalle parole di una sceneggiatura ben scritta e dalla naturale propensione degli attori di metterle in scena. Nel film di Luca Belvaux queste caratteristiche si trasformano nella storia dell’incontro improbabile tra un professore di filosofia parigino e una parrucchiera di Arras, cittadina in cui l’uomo è costretto temporaneamente ad insegnare. Sulla carta l’espediente utilizzato da Belvaux è di quelli che non riservano sorprese, perché l’attrazione degli opposti (caratteriali) è il dogma su cui da sempre la commedia pone le basi per il suo successo. Al contrario, Belvaux riesce a sorprendere, affidando al divario culturale tra i due protagonisti il compito di scatenare l'alchimia sentimentale in altre parti devoluta alle divergenze dell’imprinting sessuale. E poi realizzando quel mix di agrodolce che deriva dalla convergenza tra il mood parigino di Clement, abituato ad anteporre la ragione al sentimento e la contaggiosa dolcezza di Jennifer, ragazza madre con la passione per il karaoke e i gossip giornalistici.
A guadagnarci è soprattutto la qualità del film che, pur mantenendo momenti di assoluta leggerezza, ricavati dall'incontro delle rispettive inadeguatezze, è in grado di arrivare al nocciolo della questione, e cioè di verificare la compatibilità coniugale tra Clement e Jennifer, senza perdere la percezione di una verosimiglianza che spinge lo spettatore nella braccia dei personaggi. Aggiungiamo il merito di Belvaux, capace di coinvolgere Emilie Duquenne, l'indimenticabile "Rosetta" dei Dardenne, disposta a lasciare il suo ruolo di mamma a tempo pieno pur di contribuire al progetto. Il film come pure l'intesa con Loic Corbery se ne giovano fino all'ultimo fotogramma.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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