Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
È probabilmente il miglior musicarello realizzato nel periodo per una serie di motivi per niente scontati. Oggi guarderemmo con diffidenza un film che sfrutta un successo televisivo, figuriamoci poi un film in cui si sfruttano più successi derivati dalla televisione (che all’epoca era più che altro vista come concorrenza vera e propria al mezzo cinematografico). Lina Wertmuller (qui accreditata con lo pseudonimo George Brown: vergogna? Farà di peggio in futuro) aveva realizzato quel piccolo capolavoro che è Il giornalino di Gian Burrasca, pura tv dei ragazzi con attori enormi (Ivo Garrani, Valeria Valeri, Arnoldo Foà, Sergio Tofano, Elsa Merlini e un altro esercito di mostri) e una colonna sonora da urlo (Nino Rota), interpretato da Rita Pavone, che all’epoca era una cantante da hit parade. A quello sceneggiato presero parte anche due attrici, che ritroviamo pure qui, ossia Bice Valori (in entrambi i casi fa la direttrice, e in entrambi i casi è superlativa) e Milena Vukotic (era la sorella di Giannino, qui una insegnante di danza).
Giancarlo Giannini, biondo ventenne, aveva ottenuto un grandissimo successo con il teleromanzo David Copperfield. Paolo Panelli, marito della Valori, condusse una memorabile Canzonissima con Delia Scala e Nino Manfredi. Gino Bramieri era stato uno dei protagonisti dello show L’amico del giaguaro. In più, l’immenso Peppino De Filippo aveva appena animato il varietà della Lotteria Italia e creato il personaggio di Pappagone (cognome utilizzato dal personaggio che impersona qui). Cosa ne è venuto fuori? Una storiella leggera leggera legata, in modo non malvagio, dalle canzonette della Rita, luminosa e spiritosa, retta dal parterre stellare (ci sono anche i divertiti Nino Taranto, Turi Ferro, Giusi Raspani Dandolo, Laura Efrikian) dominato dalla sua esplosiva protagonista (non di rado smorfiosa, ma aveva pur sempre vent’anni) e dalle stesse canzoni: difficile, oggi, scrivere una canzone come Fortissimo, dal testo banalissimo ma terribilmente bella. Non si prende mai sul serio e, pur essendo una spudorata operazione commerciale (che sfrutta anche La zanzara, il giornale che scatenò un putiferio nel Liceo Parini di Milano), rischia di essere uno dei risultati migliori del cinema della Wertmuller.
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