Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Frederick "Sonic" Smith, chitarrista del celebre gruppo MC5, morì nel 1994 a soli 46 anni per un attacco cardiaco. Patti Smith per lui, nel 1978, modificò la splendida "Because the night" di Bruce Springsteen adattando il testo alla loro storia d'amore. Sempre a lui dedicò il brano "Frederick" contenuto nell'album "Wave" del 1979, e nel 1996 gli tributò l'album "Gone Again" con il quale ritornò sul palco a due anni dal lutto, a otto dal suo ultimo "Dream of Life" del 1988 prodotto insieme allo stesso Sonic.
Tra finzione e realtà la sacerdotessa del rock non ha mai perso l'occasione di omaggiare il marito tanto da dedicargli un dolce ricordo persino in "Song to song" di Terrence Malick.
In una sequenza del film Patti Smith mostra alla chitarrista della band, Faye (Rooney Mara), la fede nuziale di Fred appesa al collo "perché siamo ancora sposati anche se lui non c'è più". Quale miglior preghiera per esortare una giovane e confusa musicista a lottare per il proprio amore affinché quest'ultimo superi le traversie del momento e duri in eterno? Questa ieratica parenesi non è forse la "canzone da cantare" di Terrence Malick? Il suo film gira intorno a questo argomento nei modi tipici del suo cinema: montaggio serrato, scattoso, inquadrature atte a valorizzare gli elementi naturali com le luci calde riflesse sul letto di un fiume, le porzioni di mondo contenute in una pozza d'acqua trasparente, le foglie attraversate dai raggi solari e screziate da giochi di luci e ombre. Non manca mai un accenno alla bellezza del creato nel cinema del maestro americano che ne riprende gli elementi da prospettive singolari con inquadrature poco ortodosse, come, ad esempio, dal basso o in obliquo, con ciò rendendo il progetto divino protagonista di una discussione intorno alla bellezza e alla superficialità. Malick compara la magnificenza naturale alle moderne linee, quasi senz'anima e senza memoria, che creano gli spazi minimalisti, pieni di luce ma privi di calore, delle moderne alcove di BV (Ryn Gosling), Cook (Michel Fassbender), Amanda (Cate Blanchett), Zoey (Bérénice Marlohe), dove i calcestruzzi e gli spazi spigolosi sembrano la proiezione di un'inquietudine di vivere e di una vacuità che il mondo della musica, ricco ed affascinante, annoiato e superficiale, incarna metaforicamente.
Malick accosta il mondo naturale ai frutti contemporanei dell'ingegno, non necessariamente meno belli, allo scopo di ricordare che l'amore non necessita di piscine riscaldate, vista mozzafiato, loft di lusso. Tutto ciò che è creato dall'uomo è vanità ma una storia di sentimenti non lo è mai. Il reciproco perdono, la pace interiore e la semplicità di una vita a contatto con la terra, con la fatica del lavoro permettono agli innamorati di coltivare un amore pieno e ben ancorato al suolo. La lezione di Malick sembra appresa quando BV e Faye accantonano (momentaneamente almeno) le aspirazioni di gloria per una vita più genuina.
Nella girandola di passioni, di sbandamenti, di ritorni Malick mette in scena un allegorico fluire di corpi e movimenti che sostituisce la parola nel materializzare i pensieri della mente, traboccanti verso l'esterno con il loro carico di filosofiche perplessità sull'amore.
Gli attori sembrano burattini legati al filo del proprio creatore, e nelle sue braccia si abbandonano completamente recitando istintivamente. Un esempio è la sequenza che si consuma nel letto di Cook dove un rapporto a tre, tendenzialmente immorale, quanto meno provocatorio, evidenzia la naturale plasticità dei corpi nel gesto più istintivo.
Le voci off dei protagonisti raccontano i sogni e i drammi amorosi che fanno volare in alto e precipitare nel vuoto. La sequenza citata poc'anzi con Fassbender sintetizza pienamente la dipendenza dell'uomo verso l'estasi che crolla, immediatamente dopo, nell'abisso. Malick autore è sempre un mistero. La sua mancanza di linearità nel raccontare lascia sbigottiti. Guai, dunque, chiedergli un film di facile interpretazione e semplice fruizione. Poiché le immagini sovrastano i dialoghi ed il montaggio scaraventa lo spettatore in dimensioni temporali e spaziali incerte è meglio approcciarsi con cautela. La prima parte di "Song to song" disorienta. Solo le riflessioni interiori di Rondha (Natalie Portman), Miranda (Holly Hunter) e dei due innamorati riescono a mettere ordine nella confusione di un montaggio volutamente reticente. Insomma Malick è Malick, come sempre. Prendere o lasciare. Ma nonostante le difficoltà a star dietro alle sue elucubrazioni filolosfiche un anello, infilato in una catenina, custodita gelosamente sotto i capelli argentei e ribelli di un cuore poetico e di un'anima punk, getta un limpido messaggio sul dovere di ogni amante. "Song to song" trasfigura in "Love to love" e questo è quanto.
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