Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Malick ripete e copia sé stesso in un'opera che, purtroppo, non offre niente di nuovo.
Lunga attesa per la nuova opera del maestro Terrence Malick, anni di gestazione che hanno portato alla realizzazione di una pellicola che, purtroppo, riprende e ripete allo sfinimento quanto di più malickiano abbiamo visto in questi quarant'anni or sono.
Knight of Cups sembra quasi la brutta copia del precedente To the Wonder, un viaggio tormentato nei meandri della psiche del protagonista, analizzando da vicino (ma a dirla tutta si rimane abbastanza lontani) il/i percorso/i interiore/i che lo condurrà/anno a una catarsi o alla pace dei sensi o alla completa rovina. Ma se il film con Ben Affleck risultava tutto sommato efficace (nonostante fosse nettamente inferiori ai precedenti) e abbastanza convincente, Knight of Cups finisce per essere una stancante sequela di sequenze quasi tutte uguali in cui l'originalità e il fascino del mistero delle pellicole di Malick lasciano spazio ad una spiacevole sensazione di noia e di già visto/percepito.
Imparata la lezione si rimane impassibili di fronte allo sguardo perso e apatico di un Christian Bale che vaga tra le strade di una Los Angeles desertica assorto nei suoi tormenti e sempre in compagnia del suo completo Armani sempre bello e profumato. E si rimane impassibili di fronte ad un iracondo Wes Bentley o ad un'inutile comparsa di Antonio Banderas e Jason Clarke, come del resto di fronte alla miriade di bellissime ragazze che Malick fotografa e inquadra alla perfezione esaltandone le perfette curve e facendole camminare scalze e recitare allo stesso insopportabile modo per tutto il film. Imparata la lezione si rimane impassibili di fronte allo stesso film riproposto per l'ennesima volta, di fronte a qualcosa che ci ricorda tutto quello che precedentemente abbiamo visto, sentito e assimilato ma che al posto di sorprenderci ci tedia. Ad abbagliare è forse solo il viso triste e sciupato di una sempre brava Cate Blanchett o la sprecata interpretazione di Natalie Portman. Malick non abbandona la sua forma perfetta, il tecnicismo strabiliante, la fotografia del mostruoso Emmanuel Lubezki e la riflessiva meditazione che solo un regista come lui è in grado di inserire in ogni inquadratura. Ad inficiarne però è la sostanza che, nonostante l'interessante spunto di partenza, viene sporcata da una messa in scena che non dà giustizia ad un'opera dai nobili contenuti (come tutta l'opera malickiana) e che risulta una copia della copia della copia di sé stessa.
Knight of Cups è quindi un film riuscito a metà, l'estetica perfetta e strabiliante non è questa volta riuscita ad entrare nell'animo del devoto spettatore che, aspettandosi sempre il meglio dal maestro, è rimasto impassibile e profondamente annoiato.
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