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Knight of Cups

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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La recensione su Knight of Cups

di Dompi
7 stelle

Caro Malick ti scrivo,

Sei diventato troppo umano. E ora cosa dico a quelli che "Eh ma ormai non è più il Malick dei Giorni del cielo"? Dico che sei diventato umano. Prima eri una figura mitologica, nessuno ti ha più visto per 20 anni, ti hanno chiesto cosa hai fatto in quel lasso di tempo che corrispondono agli anni che ho ora, tu incurante rispondevi:"Ho vissuto. Tu cosa hai fatto negli ultimi 20 anni?", che è una risposta un po' simile a quella di Robert De Niro al barista nel film di Leone quando gli si chiedeva cosa avesse fatto per tutto il tempo che era stato lontano dalla città: "Sono andato a letto presto". Una risposta che dice tutto e niente.

Dopo aver visto To The Wonder, che mi era piaciuto moltissimo, ero trepidante nel vedere un tuo nuovo film e dopo qualche anno è uscito il trailer di questo Cavaliere di Coppe. Mandavo messaggi alla Adler per sapere quando sarebbe stato distribuito in Italia e mi hanno risposto con una frase molto lapidaria:"E' ancora in fase di pending". Boh vallo a sapere tu che volevano dire, anzi a dir la verità avevo capito bene che avrei dovuto aspettare altro tempo. Il giorno di Capodanno(sì il capodanno lo si può trascorrere anche a guardare un film sigh) finalmente l'ho visto. Forse avrei dovuto aspettare ma non mi biasimo troppo. Sta di fatto che senza farti uno sgarro ho aspettato di vederlo sul grande schermo prima di poter dire di averlo visto davvero, dopo circa un anno e mezzo. Quattro anni dall'ultimo. Nell'unico cinema di Milano che per fortuna, sia ringraziato il cielo lo dava quel uggioso pomeriggio del 9 Novembre. Ho aspettato dunque a scrivere qualcosa perché sentivo che la prima visione non era stata un colpo di fulmine.

Quindi dopo svariate (re)visioni della tua ultima pellicola posso dirti che l'ho percepita come una lettera aperta ai sentimenti e all'amore. La ricerca di una perla, della Perla, un protendersi verso l'innocenza e il senso ultimo della vita. Mai così dispersivo ed evasivo, mi hai condotto in un viaggio mistico/esoterico/terreno alla ricerca di un oggetto narrato a Rick, il tuo Christian Bale, dal padre: una perla. Quest'ultima rappresenta il fine ultimo delle cose: la perla è un simbolo di Purezza, il simbolo del matrimonio, associato alla Luna, alla fertilità e alla donna. Ecco allora il vagare inquieti senza una direzione precisa in una Los Angeles fredda, popolata da individui meccanici che diventano solo comparse nella vita disastrata di Rick. Una storia riecheggia lontana, scompare per poi riaffiorare interiormente: "C’era una volta un giovane principe che fu inviato dal proprio padre, [...] gli abitanti del luogo gli versarono una coppa. Bevendola, egli scordò di essere il figlio di un re, si dimenticò della perla e cadde in un sonno profondo.", fin dall'incipit infatti viene svelato ciò che vedremo: un viaggio di un uomo "pellegrino del mondo".

Siamo tutti "pellegrini del mondo", Rick non escluso, ecco quindi, strade, montagne, alberi, spiagge, gabbiani, è un continuo muoversi questo "Knight Of Cups", un continuo immergersi nei ricordi, nella memoria, immersione metaforicamente rappresentata all'inizio del film: il racconto ha inizio, così come il viaggio, con la macchina da presa che si tuffa nelle profondità del mare. Il protagonista affoga nei suoi ricordi, ne è bagnato, ci annega. Allo stesso modo chi vi guarda dentro è perso, non ci sono indicazioni stradali, nè sui personaggi, nè su quello che stiamo vedendo, è un flusso di ricordi lontani e smarriti filmati come lo scorrere dei fiumi che ormai ti sono tanto cari, il fiume che accoglie il soldato Witt nella sua morte, la natura marina riscoperta nel "Nuovo Mondo" per arrivare allo stacco "a sorpresa" su una famiglia che gioca in un prato, giungendo agli interrogativi sull'amore di una donna tradita che riecheggiano sopra la superficie bluastra dell'acqua. E' anche vero che quest'ultimo film è anche un inno o un'avvertimento sulla superficialità del vivere, la natura è sì presente ma i veri protagonisti sono la carne, la materialità, la frivolezza delle feste mondane, i tarocchi, la superstizione, le donne-oggetto (per la prima volta vediamo un nudo completo nella tua filmografia), le mura delle città nelle loro geometrie fredde.

Mi è piaciuto quello che ho visto? Più che vedere ho sentito troppo velocemente quello che volevi raccontare. Chi sono nello sfilare del cast tutte quelle modelle/attrici/attori che dovrebbero essere i protagonisti? Nulla in più che comparse nella vita di Rick e nella diegesi del film. Scivolano via, non sono incisive, non sappiamo nulla su di loro, conosciamo solo i loro nomi per via della loro fama o della loro bellezza. Non sappiamo neppure perché i tre protagonisti maschi litighino continuamente nel film, perché Rick sia muto per tutto il film. Il loro fralello è morto? Sì ma come? Riecheggia ancora lo spettro personale della morte di un membro della famiglia che nel film del 2011 avevi appena accennato. Forse non ti interessa ormai più spiegare o narrarci qualcosa ma mostrarci come il cinema può farlo senza parole. Perchè le immagini sono bellissime, la fotografia è splendente, la regia è instancabilmente vivace e viva. Sembra che il tuo scopo sia ormai catturare l'inafferrabile, tutto allora è vivo e importante. Piccoli frammenti che compongono una vita, un film. E' quello che ho visto, il viaggio è appena iniziato e s'interrompe con uno stacco finale su una strada sferrata, irrimediabilmente cerchi qualcosa che spinga il Cinema oltre i suoi confini, è quello che deve fare il Cinema Moderno, penso, raccontare per immagini una sensazione o uno stato d'animo senza bisogno di una narrazione o una sceneggiatura. Inseguire l'attimo e farlo diventare Cinema. Ci sei riuscito.

Penso poi però a mente fredda a quello che mi è rimasto delle numerose visioni del film, ebbene sì l'ho rivisto più volte per cercare nuovi significati e nuovi spunti: penso che in definitiva la prima visione sia sempre la più giusta. Mi hai emozionato poco, trovo che sia inutile, se posso permettermi, far entrare nel cast stelle di Hollywood se poi sono solo comparse che volano via da una sequenza all'altra, dalla Palmer, a Imagen Poots, a Freida Pinto, a Isabel Lucas(che nel film si vede in due scene), alla Blanchett per arrivare poi alla Portman. Ah e mi stavo dimenticando di un Banderas che appare per puro caso ad una festa dove balla il tip tap, Romina Mondello docet. Forse tutto questo perché hai bisogno che il tuo pubblico veda quello che tu vuoi che debbano vedere, è un pretesto a questo punto, forse sai che se non ci fossero stati nel cast tutta quella popò di roba il film l'avrebbero visto la metà di quelli che lo hanno potuto vedere, cioè in due (esagero concedimelo). Poi però se penso a questo film non posso che ricordare una sequenza meravigliosa nella sua semplicità con Natalie Portman e Christian Bale prima al museo, la macchina da presa si sposta a destra dietro ad una costruzione moderna di piatti blu, lei si avvicina a lui in punta di piedi per non perdere l'equilibrio, la macchina da presa incespica, i due iniziano a vagare nel museo e si trovano davanti ad una piccola riproduzione della Pietà del Michelangelo, lui le morde i piedi, lei ora è davanti all'orizzonte immenso del mare con lo sguardo pensieroso, "Ti ho trovata? Rispondimi" dice lui, lei si gira, "Conserva tutto quello che puoi dalla vita", "Noi siamo questo. Siamo fuoco". Una corsa sulla spiaggia e un voltarsi indietro, tutto così semplice, così magico, emozionante. Non potrò dimenticarlo.

 

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Con l'augurio di vedere sempre momenti come quest'ultimo, non farmi aspettare invano.
Un saluto da un tuo caro fan.

 

 

 

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