Regia di Paul Wright vedi scheda film
Sfuggito alla morte per miracolo durante un misterioso naufragio in mare in cui tutti gli altri membri dell’equipaggio compreso il fratello maggiore hanno perso la vita, Aaron sperimenta suo malgrado l’isolamento colpevolizzante del sopravvissuto e sconta l’incomprensione e il sospetto degli abitanti del piccolo villaggio di pescatori in cui vive. Il suo senso di colpa e il disagio in cui si perde sono resi oltremodo gravosi da una personalità disturbata, infantile e fragile.
Il film delinea efficacemente lo smarrimento e la confusione del suo orizzonte esistenziale frammentato, operando una serie di scelte visive che rendono emotivamente percepibile il flusso ininterrotto di sensazioni, visioni oniriche e moti angosciosi dell’animo, mutando frequentemente la prospettiva tanto da spezzare ininterrottamente la linearità della narrazione, utilizzando il digitale con immagini sgranate, opache e distorte, fornendo sequenze di spazi desolati e di cieli lividi e opprimenti. E infine materializzando nel contesto conclusivo quella scena incredibilmente sconcertante e spiazzante dall’intenso valore simbolico che disvela l’approdo di un percorso folle ma lucidamente catartico verso una sorta di epilogo surreale: sarà la stessa madre del ragazzo, superato l’iniziale stupore e ponendo le mani sul mostro marino, ad allineare la sua percezione al sogno prodigioso del figlio.
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