Regia di Paul Wright vedi scheda film
L’unico scampato a una tragedia del mare viene malvisto dalla piccola comunità sociale di cui fa parte: dedita principalmente alla pesca, in essa vige un’arcaica cultura della vergogna, in base alla quale si condanna moralmente questo sopravvissuto come capro espiatorio. Emergono così, dal profondo dell’animo, i sentimenti degli abitanti verso di lui: paura, ma soprattutto cattiveria. Il quadro d’insieme mostra come sulla testa del protagonista penda una metaforica spada di Damocle, diversa in quanto egli stesso si sente doppiamente responsabile della sciagura marina: per essere ancora in vita e ancor più per non ricordare proprio nulla dell’accaduto.
Alternando scene in stile video amatoriale (e da Real TV) a numerose altre tecniche di ripresa, l’autore del film salpa con questo bastimento troppo carico verso il mare aperto, finendo per perdere la bussola. Il naufragio viene scongiurato solo grazie alla presenza di alcune immagini davvero significative: quelle che riguardano la feroce ostinazione con cui il ragazzo cerca gli sperduti di questo misterioso dramma marino, dando retta a quanto narrato nella locale leggenda popolare.
“Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te”. (Friedrich Nietzsche)
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