Regia di Lenny Abrahamson vedi scheda film
Lenny Abrahamson, conosciuto con l'ottimo Garage e riconfermatosi regista di spessore qualche anno più tardi con l'altrettanto drammatico film sull'espiazione e sulla colpa che schiaccia come un macigno, epicentro del successivo What Richard did (entrambi presentati al TFF, dove Garage vinse come miglior film), torna con una buffa, stramba, ma non banale commedia musicale incentrata su un gruppo musicale alternativo in cerca di successo...e di un tastierista, visto che quelli precedenti hanno avuto più o meno gravi problemi moral-depressivi che ne hanno reso impossibile la possibilità di integrarsi agli altri balordi elementi della band.
Tra questi,non è tanto una sclerata e irosa batterista (Maggie Gyllenhall) a risaltare, e nemmeno un manager finito in terapia e in una clinica per la smania di avere rapporti sessuali unicamente con manichini, quanto piuttosto il misterioso e indecifrabile leader della band, Frank appunto, talentuoso quanto incompreso musicista che da anni cela perennemente le proprie peculiarità faccia dietro una buffa maschera gigante da bambino dagli occhi sgranati in una perenne espressione di stupore compiaciuto che finisce per risultare imbarazzante se non allarmante.
Almeno questo è ciò che prova il nuovo tastierista ingaggiato per caso un giorno sulle rive del mare, dopo il tentato buffo suicidio del precedente musicista, e finito per auto candidarsi al ruolo di membro effettivo di quella strana ed egocentrica band.
Jon, questo il nome del rosso protagonista, che impiega un po' di tempo per adattarsi alle stranezze di quel gruppo mal assortito ed eterogeneo, capace di sviluppare un percorso sin troppo alternativo musicalmente, che gli impedisce di esplodere e godere si un successo generalizzato.
Ma in occasione di un raduno in campagna per registrare l'ultimo disco, la presenza di Jon, con la sua musica facile, le sue creazioni un po' infantili, saranno un tentativo per aprire la strada verso un pubblico meno scelto.
Ma per ognuno dei membri, Frank prima di tutti, sarà l'occasione per tirar fuori tutte le fobie e le paure che li hanno resi tali ed unici, maniacali e eternamente in conflitto col resto del mondo, impreparati ad auto-accettarsi, a credere in se stessi, ad accettare anche solo i propri tratti fisiognomici.
Per Michel Fassbender Frank rappresenta una scommessa, l'opportunità di dimostrare che si può ecitare anche con il resto del corpo e non solo con l'affascinante viso che trascina folle di ammiratrici ed ammiratori: per questi ultimi Frank diventa uno strumento sadico o di tortura, solo parzialmente attenuato nell'ultimissima parte dove il celebre volto dell'attore torna a fare capolino, e lo stesso si cimenta a cantare mostrando un timbro scuro e coinvolgente.
Domhnall Gleeson sta emergendo, film dopo film, ad una certa notorietà, ed appare spigliato e simpatico.
La versione italiana, che doppia persino le canzoni create da Jon, banalizza ed appiattisce il film e annienta totalmente la performance di Fassbender, la cui presenza effettiva, carisma a parte, si riduce per questo motivo unicamente agli ultimi cinque minuti finali.
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