L'arte nelle sue molte accezioni è stato spesso un mezzo per sublimare gli aspetti più sgradevoli della condizione umana. In "Frank", il nuovo film di Michael Fassbender, questo aspetto assume le sembianze di una fuga dal mondo, deformato e respinto dalla scelta del protagonista di celare il proprio volto sotto una testa di cartapesta e da una volontà di perfezione che sfiora la follia. Frank è infatti il leader eccentrico e geniale di una music band altrettanto insolita, impegnata nella registrazione di un album che non riesce a decollare per i cortocircuiti di un ispirazione a dir poco balsana. Frammentata da dubbi amletici e da dinamiche di gruppo messe a dura prova dalla protatta convivenza, il processo creativo diventa una specie di terapia collettiva che metterà a rischio la sopravvivenza del progetto, in procinto di essere promosso con una tourneè in terra americana.
A metà strada tra road movie e kammerspiel, "Frank" è un finto biopic che fa della musica quasi un pretesto per ragionare sulle conseguenze, quasi sempre dolorose, dell'arte e del talento, con piccoli squarci di fenomenologia contemporanea che, nella sottolineatura dei fraintendimenti e della volubilità del successo legato alle nuove piattaforme mediatiche (You Tube ma anche Twitter utilizzato per commentare alcuni passaggi della storia)sembra trovare una possibile risposta al senso di alienazione che attanaglia i personaggi. Un film a senso unico dunque, in cui anche la presenza di una figura destabilizzante come quella di Jon, deciso a lasciarsi dietro le spalle l'anonimato del suo precedente lavoro, e per questo motivato a ricercare le vie della notorietà, è funzionale ad evidenziare la distanza che separa Frank dalla cosiddetta normalità. Così, a cominciare dal congedo finale, con la mdp che allontandosi dal locale in cui la band si esibisce, sembra separarla per sempre dal resto dell'umanità, continuando con i segnali di un'incomunicabilità ribadita attraverso il ricorso a territori di confine - la baita di montagna trasformata in studio di registrazione ma anche l'solamento di Frank, perennemente incapsulato nell'antropomorfico scafandro, per non dire delle sonorità cacofoniche delle varie incisioni - "Frank", nella coincidenza tra la purezza fanciullesca del protagonista e le suo malessere esistenziale, è un piccolo apologo sulle infinite manifestazioni dell'umana bellezza. Nascosto dietro la maschera del suo protagonista, Michael Fassbender è un attore bravo e coraggioso.
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