Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
La legge Merlin, si sa, fece chiudere i "casini", e ne scaturirono insoddisfazioni e applausi, e comunque certe abitudini cambiarono: sullo sfondo di questo fatto storico, una commedia che ancora risente dell'influsso del neorealismo rosa, pure se la cosa è abbastanza sfumata. Mauro Bolognini, abilissimo nel dirigere gli intepreti, consegna a Peppino De Filippo le chiavi del film, e gli ritaglia addosso la versione malinconica del suo personaggio classico, stizzoso, timoroso, polemico e in buona fede, e intelligentemente delega a Totò una parte di fianco, ma fondamentale, come quella del suocero, dispettoso e pepato. Infatti, i due non viaggiano sulle consuete linee dei loro numeri più celebri, Totò non cerca di accaparrarsi l'interesse di regia e pubblico, ma fornisce una prova tra le sue più riuscite. Tra equivoci, mezze verità e cose taciute, si arriva al climax facendo quasi saltare la famiglia del protagonista, la quale, nel dopoguerra, si ritrova, all'insaputa di tutti meno che, appunto, proprio del personaggio principale, in un'ex-casa chiusa: sul finale, magari, ci sarebbe da eccepire, troppo frettoloso, sulla bacchettona moglie interpretata da Laura Adani, che in piena crisi preisterica fa le valige e minaccia di abbandonare tutti. E qualche situazione, come quella della figlia Maria Berta, incastrata in una relazione con un pugile, di cui non è convinta, viene lasciata un pò a mezzo: d'altronde, Bolognini, che rimane un regista interessante ancor oggi, non era portatissimo per la commedia, e rendeva meglio nel dramma. Comunque, un film godibile, ben recitato, con uno scorcio d'Italia che non c'è più e che inquadra piuttosto bene l'epoca in cui è ambientato.
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