Regia di Brian Percival vedi scheda film
La mia curiosità è stata stuzzicata principalmente dal trailer, lo confesso, perché appunto non conoscevo e in seguito non ho nemmeno ancora avuto occasione di leggere l'omonimo romanzo di Markus Zusak, pubblicato in Italia anche sotto il titolo La bambina che salvava i libri, da cui è ovviamente stato tratto questo film. L'argomento in sé non sembrava rappresentare nulla di innovativo che non fosse già stato trattato altrimenti nel panorama cinematografico e in effetti sono affrontati i soliti temi alquanto trasversali e universali quali l'amicizia, l'umanità e la forza d'animo, calati nel contesto storico della fine degli anni Trenta del secolo scorso. Tuttavia a destare il mio interesse è stato l'accostamento insolito e particolare con il valore della lettura, con il potere della parola e con la bellezza della poesia.
A conti fatti credo si dovesse insistere di più su tali elementi di originalità. Se il risultato è a mio giudizio solo discreto, la causa è da imputarsi in primo luogo alla noncuranza imperante con cui sembrano essere stati annacquati i pur lodevoli tentativi di suscitare sentimento. Ci sono diverse scene riuscite, non lo nego, ad esempio l'impeccabile sequenza sulla Notte dei Cristalli, quando l'immediatezza delle immagini in connubio con il sopraffino trasporto della colonna sonora di John Williams riescono a ottenere i brividi lungo la schiena. Eppure troppo spesso si assiste invece a un timido, piatto e distante resoconto di eventi, che stenta a bucare lo schermo e conquistare realmente nel profondo il cuore dello spettatore. Talvolta si avverte l'impressione di un'incertezza su quale direzione prendere, con uno stile latente alla Charles Dickens, il confronto con il quale è in ogni caso perso in partenza.
L'intensità delle prove degli attori, in special modo nella deliziosa alchimia raggiunta fra la giovane Sophie Nélisse (Liesel Meminger) e il veterano Geoffrey Rush (Hans Hubermann), garantiscono un tocco di maggiore sensibilità dal gusto autentico, essenziale per coprire le imperfezioni e scongiurare l'insuccesso. A ciò aggiungerei inoltre la suggestiva ricostruzione dell'atmosfera nei suoi diversi aspetti, dai costumi agli ambienti, senza trascurare i paesaggi o gli interni. Apprezzabile è poi l'approccio inedito di affidare la narrazione a un insolito personaggio, ospite d'eccezione che filtra la vicenda secondo un punto di vista singolare, mediante il quale concedere inaspettati spunti di riflessione. Tutto sommato quindi non mi sento di sconsigliarlo. Anzi, è per me grazioso a sufficienza, tanto da raggiungere forse addirittura il suo scopo. Se non altro per il merito di avere destato in me l'aspirazione di recuperare e leggere il libro.
Nella Germania degli anni del potere di Hitler e della Seconda Guerra Mondiale, la piccola Liesel Meminger viene affidata dalla madre incapace di mantenerla ai coniugi Hans e Rosa Hubermann. Scossa dalla tragica morte del fratellino, avvenuta solo pochi giorni prima, e intimidita dai genitori adottivi appena conosciuti, la ragazzina fatica ad adattarsi sia a casa che a scuola, dove viene derisa dai compagni. Sarà grazie all'amore per la lettura, appresa attraverso gli insegnamenti del suo nuovo papà, che Liesel saprà superare le difficoltà e finirà per stringere amicizia con Max, un ebreo accolto nella sua casa e nascosto nel sottoscala in cantina. Insieme leggeranno i romanzi salvati dai roghi nazisti o "presi in prestito". Per entrambi, infatti, l'immaginazione diventa l'unico rifugio all'orrore che si scatena intorno a loro.
Temo sia sua principale responsabilità il difetto nel "sapore" di questa "pietanza".
Regge bene il ruolo della protagonista Liesel Meminger e convince con la sua immedesimazione.
Non delude. Entra nella parte con disinvoltura e ci offre un ottimo Hans Hubermann.
Per me è abbastanza impersonale, però forse Rosa Hubermann doveva essere proprio così.
Quando si legge un nome del calibro di John Williams, è lecito attendersi un risultato, se non eccezionale, almeno di un certo livello. Questa purtroppo non sarà annoverata fra le sue massime espressioni professionali, ma restituisce comunque qualche buon momento, musicalmente parlando.
Sarebbe servito enfatizzare il trasporto emotivo nel dramma, nella tensione e nella commozione.
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