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Storia di una ladra di libri

Regia di Brian Percival vedi scheda film

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La recensione su Storia di una ladra di libri

di LAMPUR
4 stelle

Questo film mi ha scosso. In negativo però.

Comodamente slavato e fastidiosamente didascalico, ingenuamente edulcorato e svenduto alla commozione facile, alla stregua di un libro Cuore dei poverissimi di spirito.

 

Un film dove rare parentesi pregevoli, come l'ebreo custodito in cantina che chiede a Liesle di descrivergli il cielo fuori ispirandole l'amore per l'esposizione, o gli episodi nei quali la bimba “prende i libri a prestito”, o mentre tiene compagnia con le sua fiabe ai compaesani nei rifugi antiaereo, o urla sul lago “Hitler nun te sopporto!!” assieme all'amichetto dai capelli giallo limone, vengono risucchiati maldestramente da una miriade di scene (finte) madri o da semplice zavorra filmica, e da personaggi tagliati con l'accetta ad evoluzione standard: come la mamma adottiva presentata ultracarogna e che si rivelerà tenera e premurosa (forse c'aveva le sue cose quando è arrivata Liesle..), mille frangenti con la simil Shirley Temple sempre coi boccoli piastrati che gioca a pallone ed entra in tackle come il miglior Beckembauer (tradizione teutonica non c'è che dire.. ), l'immancabile ragazzino carogna scemo (questo resterà carogna e scemo però, chissà..) e il biondino buono innamorato, o il padre adottivo arruffato (almeno con la coscrizione 'na pettinata je la daranno..) e alleato fin da subito; e che dire delle parole incise tutte in inglese sui muri della cantina dove la tedeschina imparava a leggere e scrivere? O del libro ripescato nel fiume gelido che manco l'unità di salvataggio della Costa Concordia l'avrebbe recuperato? O dell'ebreo nascosto in cantina col tedesco cieco che ispeziona, e ancora del borgomastro che brucia i libri ma tiene una biblioteca che se la sognava pure Benedetto Croce?

Tutti escamotage da bassissimo profilo e dal facile acchiappismo patetico e lacrimevole.

Senza considerare una lentezza esasperante, paesaggini da mondo delle favole, quasi sempre invernali ed innevati, ed una guerra cosi ai margini che sembra di stare in un altro paese.

 

Il titolo del libro (non l'ho letto, ma ovvio immaginarlo di ben altro spessore) da cui è tratto questo obbrobrio mette subito in guardia sull'operazione fasulla in corso: La bambina che salvava i libri.

Già un chiaro risvolto poetico di ben altra espressione.

 

Questa Storia di una ladra di cinema incitrullisce lo spettatore ben disposto con una serie di didascalici luoghi comuni che lo fanno apparire per quello che è: un filmetto mal confezionato.

 

Eppoi alla fine, ecco la Morte in voice-over (ma che c'ha fatto grattare per tutto il film “tutti dovete schiattare prima o poi”) che sbaglia obiettivo perché “si sono mischiati gli indirizzi”.

Ai margini di una guerra sempre sfiorata, l'unica volta che non gracchiano le sirene ad annunciare i bombardamenti, coglierà tutti nel sonno, tranne Liesel, trasformandosi da scena di commozione madre, in un cult comicissimo considerando che la sbarbina, anziché in pigiama come tutti gli altri, è bella che vestita e pure con le scarpettine!! Gli mancavano i boccoletti d'oro però, sfoggiati per tutta la pellicola...

 

 

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