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Il grande match

Regia di Peter Segal vedi scheda film

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La recensione su Il grande match

di giurista81
6 stelle

Versione farsesca, quasi parodistica, di Rocky Balboa. Tim Kelleher, sceneggiatore del circuito televisivo, pesca infatti a pieni mani dal copione di Rocky Balboa (2006) e raddoppia per due. La pellicola, proprio come il citato film di riferimento, ruota sull'idea nostalgica relativa al fatto che il passare degli anni, pur indebolendo il fisico, non scalfisce l'animo delle persone. Se in Rocky Balboa si assiste a un paragone generazionale in questo Il Grande Match si opta un per un revival che porta due grandi pugili, eterni rivali, a misurarsi a distanza di trent'anni dal loro ultimo incontro. Nonostante questo tornano tutti quegli elementi già incontrati in Rocky Balboa pur se orientati al comico ovvero le donne che riappaiono dal passato, la derisione da parte della gente secondo la quale c'è un'età per le cose e poi ci si deve mettere in un angolino, il confronto riproposto dai videogiochi, il ritornare vivi ripercorrendo il percorso della giovinezza, ma anche la calcificazione degli affetti familiari con la riconquista dei rapporti padre-figlio. 

"Tutto il mondo ride di noi, ma non siamo morti!" grida il personaggio di De Niro a quello di Stallone per convincerlo a combattere quella "bella", dopo una vittoria a testa, che lo stesso non ha voluto concedere 30 anni prima. "Non importa quanto vi allenate, non sarà mai il vostro meglio" dice Kim Basinger (sempre affascinante, altro che carne in decomposizione ma qua con un ruolo quasi da tappezzeria) a Stallone. "E' il meglio che possiamo" la risposta di Sly a sottolineare l'importanza di restare legati alle proprie inclinazioni a prescidere dall'età che avanza. "Questa storia mi fa sentire più vivo che mai!" conferma De Niro, a testimoniare quanto sia importante, nella vita, non spegnersi pensando ormai di esser vecchi e sorpassati.

Kelleher lavora su questi temi e, come giusto che sia, vira in modo netto sul comico con una serie di gag divertenti e battute esilaranti, ma anche plasmando dei personaggi che sono delle vere e proprie macchiette (l'allenatore "arrapatissimo" del personaggio di Stallone e l'organizzatore dell'incontro). Tra i due pugili appare molto più riuscito il personaggio di De Niro, scapestrato e solo parzialmente redento dalla maturità (beve birre a raffica, mangia dolciumi e va con ragazzine di venti anni portando il nipote di nove anni al night), mentre quello di Stallone tende molto più al mono dimensionale e risente troppo di Rocky (tra l'altro ha lo stesso difetto della cecità da un occhio, con il suo allenatore che se ne accorge come fece il Mickey di Burges Meredith, ed è fedelissimo alla donna amata nonché portatore dei buoni valori). Esilarante l'organizzatore del match, un (Don) King della situazione in tenerà età con la sola differenza che si chiama Dante (ovviamente... nome da Commedia per eccellenza). A dargli corpo è il concittadino di Rocky Balboa (origine Filadelfia) Kevin Hart (Scary Movie IIIe IV) che plasma un personaggio scatenato che sembra uscito da un film demenziale. Sono Hart e De Niro, insieme alle battute, a tenere vivo il film, mentre Stallone sembra un po' spaesato, senza guizzi e subisce il carisma di De Niro che, a sua differenza, sembra divertito dal progetto. Kim Basinger ha un ruolo vintage, ma non incide minimamente e ricalca pari pari (con tanto di figlio) il personaggio della tipa che accompagna Stallone nel sesto episodio della saga Rocky.

La regia di Peter Segal non lascia il segno, pur essendo presenti alcune zampate riuscite.Tra queste il continuo indugiare su telefonini (parodia della realtà dove ogni accadimento è buono per riprendere e postare su youtube), da parte di passanti e pubblico, per riprendere risse o gaffe varie e, soprattutto, il gustoso omaggio a Rocky nella sequenza nella cella frigorifera con le carcasse di bue da colpire con i pugni, con la differenza che qua l'allenatore ha condotto il pugile là dentro per comprare la carne: "E cosa credevi di fare? Non è igenico prenderle a pugni...". 

Bruttina la fotografia, piuttosto televisiva e piatta. Spassosissima duplice gag finale. La prima con un piediluvio nell'urina di cavallo di Hart (che crede di aver immerso i piedi in un aceto un po' troppo acuto) in collegamento con una scena precedente in cui è Stallone a immergere le mani nel liquido perché, a detta del suo trainer, lo faceva anche Dempsey (Jack), che è il pugile che il Mickey di Burgess Meredith raccontava di aver fatto volare fuori dal ring e che, nonostante questo, tutti ricordavano al suo posto ("perché Dempsey aveva un manager"), per rafforzare le mani.

La seconda gag da evidenziare è il siparietto tra Tyson (presente pure in Rocky Balboa con un similare cammeo) e Holyfield (che interpretano loro stessi) avvicinati da Hart per organizzare un nuovo "Grande Match" per porre fine alla loro celebre rivalità.

Alla fine è un film divertente, ma che non offre nulla di nuovo. Il tema trattato è ripreso pari pari da Rocky Balboa e "svecchiato" con la verve comica. Non per puristi, si per chi vuol vedere una sorta di parodia non troppo demenziale di Rocky.

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