Regia di Peter Segal vedi scheda film
Due facce piene di pugni. Una definizione che calza a pennello per Henry "Razor" Sharp (Stallone) e Billy "The Kid" McDonnen (De Niro), ex campioni di pugilato che la vita ha segnato in modo diseguale. Il primo, solitario e malinconico si guadagna da vivere lavorando in fabbrica, il secondo invece, ridanciano e guascone, e' un imprenditore con il fiuto per gli affari. Avversari dentro e fuori dal ring, i due si ritrovano per ragioni opposte ad accettare trent'anni dopo una rentrée che dovrebbe sancire una supremazia congelata dalla decisione di "Razor" di abbandonare la scene dopo la vittoria che ha ristabilito la parità tra i due contendenti. Un “grande match", per usare la definizione del titolo italiano del film, che nelle mani di Peter Seagal e della sua produzione diventa l'occasione per costruire un incontro di stili e di recitazione che Robert De Niro e Sytlvester Stallone portano naturalmente in dote, insieme ad un immaginario che pesca con intelligenza e simpatia nelle rispettive filmografie. Perché se è' vero che la sfida dei due arzilli sessantenni appartiene di diritto ad un filone cinematografico che sempre più spesso mette in campo personaggi e situazioni riconducibili alla cosiddetta terza età', appare altrettanto chiaro che la scrittura del film gioca con l'iconografia delle due star in un ribaltone fatto di citazioni e senso dello spettacolo. In questo modo se l’immagine di Stallone aveva finito per coincidere con quella di Rocky Balboa, eponimo di un sogno americano fatto di sacrifici e sudore fisico, e quella di De Niro era stata caratterizzata almeno sul piano dei premi e del valore artistico da quella del Jack La Motta interpretato nel capolavoro di Martin Scorsese (“Racing Bull”) così ne “Il grande Match” le caratteristiche di quelle figure vengono si riprese (l’attitudine proletaria e dropout di Razor vengono direttamente dal film di John Avildsen, mentre la guasconeria e l’egotismo di “Kid”sembrano una sintesi edulcorata della straripante personalità del campione italo americano) ma solamente per diventare il carburante di un divertimento che deriva in parte dalla visione di corpi iconici deformati dalla lente d’ingrandimento del regista.
Di quel mondo la commedia di Peter Seagal riprende le fasi della preparazione, così come il crescendo emotivo che porterà alla catarsi finale, ma anche quando le cose diventeranno più serie, ed i due campioni si ritroveranno per forza di cose a fare i conti con le conseguenze di un passato sentimentale egualmente disastroso – il pomo della discordia rappresentato dal personaggio di Kim Basinger giocherà un ruolo decisivo per le sorti della partita- non si potrà fare a meno di sorridere nel constatare come neanche l’età che avanza, qualche chilo di troppo, ed uno sguardo segnato dalle rughe riesca ad affievolire il mestiere della coppia protagonista. In questo senso il contrasto tra la sensazione del passare del tempo, rappresentata dai limiti della prestazione fisica -peraltro sconfessata in maniera inverosimile quando vediamo Henry/Stallone legato ad una corda intento a tirarsi dietro un Truck di dimensioni gigantesche- ed il riferimento ad una spettacolarità esibita ad ogni occasione – ci riferiamo alle coloratissime sequenze che riproducono la promozione dell'evento sportivo e la sua celebrazione - sembrano una rivisitazione dell'adagio "The Show Must Go On" che "Il grande match" da par suo è in grado di soddisfare.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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