Regia di Gonzalo López-Gallego vedi scheda film
Un uomo si sveglia in una fossa comune, un’enorme tomba a cielo aperto piena di cadaveri: non sa perché?è lì, non ricorda il suo nome né alcuna altra informazione sul suo passato. Il pitch di Open Grave, le poche righe che si raccontano per accattivare il destinatario (produttore o spettatore che sia), è assai più interessante del film. Come il protagonista (lo Sharlto Copley di District 9 ed Elysium) al suo risveglio da un sonno bradicardico, anche lo script (rimasto congelato per un più d’un lustro prima di finire nelle mani del madrileno López-Gallego) si stiracchia e zoppica indolenzito per tutta la durata del lungometraggio, usando come solide stampelle i cliché dell’horror/thriller del terzo millennio. Dall’amnesia totale che colpisce i personaggi, intrappolati nella classica casa nel bosco circondata di esseri (forse non più) umani rabbiosi e pericolosi, alla costruzione a puzzle che ricompone a ritroso un passato nebuloso tramite i flashback via via più ampi, passando per qualche spruzzata di torture porn con filo spinato. L’eccesso di ingenuità (i protagonisti, nonostante la situazione potenzialmente fatale in cui si trovano, sono molto più agitati dalla scoperta di essere, come novelli Bourne, in grado di parlare perfettamente il latino o di ricaricare un fucile) appesantisce una struttura esilissima, che punta tutto sulla rivelazione finale. Pochi minuti di spiegone e una sola, apocalittica e meritevole inquadratura, per ripagare di un’attesa troppo lunga.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta