Regia di Matthew Miele vedi scheda film
Come un giro di giostra, con l’acceleratore. Da una casetta bianca con giardino alla metropolitana newyorkese, in un vortice di musica accattivante e luce iridescente, è un attimo e usciamo nel sole della 5th Avenue, porte scorrevoli aperte sul Sogno: «spargi le mie ceneri da Bergdorf», recita con geniale scatto d’enfasi il titolo originale, e una delle clienti intervistate ci fa notare che giammai chiederebbe di ricevere lo stesso trattamento da Bloomingdale. Alla faccia di chi venera il reparto guanti del suddetto centro commerciale in memoria del romantico Serendipity. Il punto pare proprio questo: Bergdorf Goodman non è un grande magazzino né un arioso contenitore di fantasie sentimentali. Bergdorf Goodman non è tappezzeria per le favole, sembrano dirci uomini e donne (moltissime, agguerritissime, splendidamente sorridenti) che trottano tra i piani come paladini di un mondo fantascientifico ma tutt’altro che etereo: perfettamente consapevoli del patrimonio - d’inventiva, ambizione, soddisfazione, prima che banale denaro (...) - appeso alla gruccia, ricordano gli acquisti monstre o cult delle star e illustrano la filosofia del perfetto venditore, una distinta signora agée che alterna il registro dell’ironia (sottile) alla discreta cortesia per gli ospiti. Il viaggio nel lussuoso luogo della mente gode dei riflessi più vivaci specchiandosi nelle celeberrime vetrine, passa in rassegna le storie individuali e smarrisce l’orientamento dei non addetti ai lavori in un turbinio elettrico, entusiastico e un po’ ansiogeno di beni. Surreali ma belli, accessori.
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