Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Il maggior torto di Risate di gioia è di essere uscito, all'interno della filmografia di Monicelli, dopo l'accoppiata I soliti ignoti (1958) e La grande guerra (1959). Era ovvio che gli addetti ai lavori aspettassero l'occasione per scrivere che si era trattato di una pausa di riflessione, di una battuta d'arresto, di un film di riflusso. Qualcun altro rimproverò al regista il ruolo defilato offerto a Totò. A me sembra un buon film, con qualche atmosfera felliniana: i due guitti sembrano sopravvissuti a Luci del varietà, mentre Lello pare l'erede dei ladruncoli del Bidone. Ma qui c'è un inno all'amicizia tra derelitti, che possono avere il loro warholiano quarto d'ora di celebrità (il duetto Geppina Geppi' alla festa di Capodanno) e qualche momento di comicità davvero impagabile, che scaturisce dai duetti tra la Magnani e lo stesso Totò. Come lo strepitoso finale all'insegna del «diamo fondo alle ultime risorse!», che si risolve nell'ennesima figuraccia.
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