Regia di Daniel Auteuil vedi scheda film
Daniel Auteuil ama perdutamente (e comprensibilmente) l'opera letteraria di Marcel Pagnol, che fu anche regista di opere tratte dai suoi celebri romanzi a sfondo campale o comunque popolare. Già nel 1986 il regista Claude Berri adattò, con la stessa tecnica (a sfondo astutamente commerciale) di questo dittico, l'opera doppia Jean de Florette e Manon de sources, scegliendo tra gli interpreti lo stesso giovane e ancora non notissimo Auteuil. Ma lo scrittore di Marsiglia costuituì anche, solo un paio di anni orsono per il celebre attore, l'occasione per debuttare nella regia con La fille du puisatier, anch'esso tratto da una novella (e da un film) dello stesso Pagnol.
Logico dunque aspettarsi che l'entusiasmo da parte dell'attore francese per questo accattivante autore, sempre vicino al mondo degli umili messo a confronto in modo spietato ma anche onesto con quello degli arricchiti e della nobiltà, suscitasse ottime aspettative. Sentimenti che trovano il giusto appagamento nel guardare, inevitabilmente uno di seguito all'altro (bella scelta commerciale per due film gemelli di un'ora e mezza che, separati in due, ma di fatto inseparabili, producono un incasso doppio per un'opera di fatto unica) questa sentita e accorata nuova trasposizione. Nel primo dopoguerra, nel porto di Marsiglia, seguiamo le vicende amorose di due "promessi", Marius e Fanny, belli, giovani, innamorati uno dell'altra ma anche desiderosi di scoprire il mare (lui) e orgogliosi di non voler essere di peso od ostacolo ai sogni altrui (lei). Il ragazzo è figlio di un proprietario di bar sul porto, vedovo ma arricchitosi grazie all'attività commerciale; Fanny invece è di origini più umili, figlia di una vedova che ha un banco di coquillages proprio sul porto, non distante dal bar di Marius. Consumata l'attrazione irresistibile che li lega, la ragazza convince non senza forti sofferenze il suo promesso a partire ugualmente per un viaggio di cinque anni sul battello La Malaisie, coronando (per il giovane) il sogno di una vita: tutto all'insaputa del padre che invece aveva appena appreso con gioia dell'intenzione di far convolare a nozze i due per riparare il gesto di ardore consumato sfacciatamente e poco prudentemente a casa di lei. Da qui la tragedia: una rocambolesca serie di vicissitudini e sottostorie che scandiscono l'esistenza non tanto di Marius, che non rivediamo più se non all'epilogo, ma di chi resta: Fanny in testa, donna forte nonostante la guerra di sentimenti che le tumulti in cuore, un anziano ed onesto pretendente della ragazza, amico del padre di Marius, e in generale tutta la Marsiglia portuale che ruota attorno alla vicenda. Una storia classica e quasi manzoniana, vecchia come il mondo e tuttavia così emozionante anche oggi che quasi ci potrebbe venire da sorridere a rivedere, nella bella scenografia minuziosa e quasi teatrale delle due opere, quell'impeto di sentimenti e quella predisposizione all'attesa fremente distante anni luce dalle storie d'amore virtuali e on line delle chat di oggi.
In una corsa concitata a sbrogliare una matassa di sentimenti che si è intrecciata con le convenzioni di una società che, allora in modo preponderante, non tollerava certe libertà preferendo nascondersi dietro più biechi sotterfugi ed inganni, il film (continuo a considerarlo un'opera unica, come penso sia giusto fare) giunge al suo epilogo non certo ottimistico facendo tuttavia trionfare l'onestà ed il buon senso, e riempiendo le parole di uno splendido Daniel Auteuil (nel ruolo del padre barista di Marius) di tutti i buoni motivi affiché lo stolto figliol prodigo torni per mare, lasciando all'amico di gioventù (il sempre grande Jean Pierre Darroussin) una paternità non certo naturale, ma giustificata dall'amore ("non è padre chi mette al mondo, ma chi ama il proprio figlio"..più o meno così suona la morale emozionate anche se non facile da accettare); e lasciando alla coraggiosa Fanny una vita certo agiata, ma senza amore, per il bene del proprio figlio, della sua reputazione, e per ripagare quel padre troppo vecchio di un gesto d'amore infinito, anche se inizialmente mosso da ragioni e fini di pura opportunità. Un'opera toccante pregna di saggezza che aiuta a riflettere su aspetti serissimi talvolta anche sdrammatizzando e facendo sorridere, ed insegna a vivere riabilitando quei valori di lealtà e tolleranza soffocati dal pregiudizio, dall'ignoranza, dalla stupidità.
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