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La risaia

Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film

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La recensione su La risaia

di felini
8 stelle

Sceneggiatura di genuino valore narrativo;assai più veridica,rispetto a quella,in tema,elaborata per Riso Amaro:film ambizioso e presuntuoso nei suoi risvolti interpretativi,guidati in guisa vuoi americaneggiante,perciò estranei all'estethos agrario italiano:che in realtà è multiforme inclusivo fantastico,certo non calligrafico di mondi altrui.

Firmando quest'opera maestra, anche per qualità di stile fotografico, Matarazzo qui mette da parte il proprio registro melodrammatico d'antan cioè la calligrafica rassicurante rappresentazione del conosciuto; dell' "ovvio" ovvero ciò che tavia par tale, a livello di auspicabili "convenzioni sociali", a molti italiani al tempo dei fasti ideologico-politici della DC durante il suo primo quinquennio di Potere ispirato a fluviale clericalismo; e si avventura con consapevolezza, con agilissimo appeal sovrarealistico direi, nell'indagine di positivi cambiamenti in atto nell'esperienza di giovani e meno giovani italiani d'ambito rurale negli anni del nostro Rinascimento civile espressione corale, per superiori integrazioni cognitive, della Nazione.

Dissoltesi le sostanziali velleità della scuola del Neorealismo Sociale, d'alquanto breve durata per, evidenti, eccessi  d'intellettualismo ideologico, sì che di rado i films da essa in affioro raggiunsero il successo di pubblico dai suoi Autori-pedagoghi auspicato; definitivamente chiusasi, tra '52 e '53, codesta stagione, a momento splendida  d'ulteriori apporti narrativi e formali di vertice -quello Viscontiano (La Terra Trema; Bellissima) -, si ricomincia, auspice intanto la rivoluzione felliniana, a Fare Cinema: persuasi così di un'Arte cinematografica la cui affermazione non ci si dovrà più illudere che avverrà, in un modo o nell'altro, se non al servizio almeno "al riparo" di un qualche pur nobile d'intenti  "spirito di parte". Con Fellini, che segue un proprio cammino inimitabile, tra i primi ad averne coscienza che gli motiva  crisi d'ispirazione, dopo aver realizzato Il Cammino della Speranza (1950), c'è Pietro Germi: con l'epocale Il Ferroviere (1955),diverrà,nella seconda metà dei '50, all'estero l'autore cinematografico italiano più celebre ed amato, al tempo del "Disgelo" Hrusceviano, dal più vasto pubblico sovietico. Anche Raffaello Matarazzo si muove or nel '56, con La Risaia,d'eccellente autonomia creativa, nell'orma incalzante del nuovo Pietro Germi, che inoltre nel '59 darà la più ampia diffusione ai valori del genio di Carlo Emilio Gadda (sino allora frainteso nell'alveo estetico-letterario del neorealismo), recando fama mondiale al di lui capolavoro nelle vesti di un innovativo, elaboratissimo poliziesco, Un Maldetto Imbroglio, che farà scuola. Per Matarazzo come per Germi, nel quadro di un estethos ora rivelantesi parallelo, era arrivato il momento della ripresa di dialogo con energie di pensiero di un cinema, di scavo, Esistenziale ( la grande novità, dei primi anni '40); Cine del quale è un esito elettivo Ossessione, sorto come variante cognitiva del mondo rurale, proprio da quella ricerca d'élite alla quale Mario Soldati resterà fedele in ogni suo ulteriore genuino impegno cinematografico del Dopoguerra -ciò che era stato troppo sbrigativamente assegnato,allora, da una critica cinematografica dominata dall'entourage di De Santis, a  cinema "di genere" , calligrafico si disse,ma con il quale,delineatosi più tosto nei coevi marginali esiti di Castellani Poggioli Lattuada, per struttura narrativa e resa propriamente cinematografica nulla hanno a che spartire opere innovative  quali Piccolo Mondo Antico, Malombra; né I Promessi Sposi Cameriniani. 

Ne La Risaia, la Martinelli al proprio esordio italiano si dichiara già attrice di rango; e andrà a lavorare all'estero per anni, poco dopo questa sua interpretazione ricca di significati sì per sfumature che imprime, al suo personaggio-simbolo: di una generazione di donne capaci, di volger d'acchito, con risorse assolutamente individuali, a scelte di destino -così pure, in quegli anni, le nostre coraggiose migranti all'estero; e il padre di lei, motivato e asciutto interprete Folco Lulli, aprendosi sinalmente al volere di questa non convenzionale figlia sua naturale ritrovata, si sacrificherà per lei con nobile responsabilità cognitiva di tempi nuovi.

Di Raffaello Matarazzo, nel suo pregevole studio Angela Prudenzi afferma: <<la grandezza di Matarazzo risiede nella capacità di 'leggere' il cinema più che di 'vederlo'>> -  ecco qui l'Autore è riuscito, superandosi, anche a Vederlo: col farci dono di un autentico gioiello, per autenticità: cognitiva compenetrazione di Poesia fra le umane traversie.

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