Regia di Anthony Russo, Joe Russo vedi scheda film
A breve distanza una dall’altra, il secondo film di “Capitan American: The Winter Soldier” ci presenta due sequenze che sembrano invertire le caratteristiche di riconoscibilità che sono parte determinante del successo cinematografico dell'universo Marvel. In entrambi i casi vediamo l'uomo a stelle e strisce ripreso dall’alto in un campo lunghissimo, mentre di corsa sfreccia all’inseguimento di un nuovo primato. Nel primo caso si tratta di creare l’occasione per introdurre Sam Wilson, alias Falcon, il supereroe di colore destinato ad affiancare il capitano nella sua nuova avventura. Nel secondo invece, entriamo direttamente nel vivo dell’azione, con il Vendicatore affiancato dalla Vedova nera, in procinto di fermare un pericoloso terrorista. Le immagini sono eloquenti, ma se non conoscessimo il titolo del film faremmo fatica ad attribuire alla macchia nera che si muove sullo schermo, le caratteristiche identificative di Steve Rogers. Un anonimato spiazzante ed inadeguato per la fastosità del contesto, a cui si somma il senso di inadeguatezza derivato dal rapporto di minoranza tra la consistenza puntiforme dell'eroe, e la grandezza volumetrica di ciò che lo circonda. Sentimenti e stati d'animo di cui il primo capitolo di Capitan America si nutriva a piene mani, e che adesso ritornano nel nuovo episodio, ancora una volta segnato dalla sospensione esistenziale del protagonista, diviso tra il passato di un guerra che non è riuscito a vincere, ed un presente a cui per forza di cose non si sente di appartenere. Da qui la perdita del segno distintivo (lo scudo, la calzamaglia ed i colori della bandiera americana) sostituito da un tutto indistinguibile; e poi la profonda solitudine (nonostante la compagnia della vedova nera di Scarlett Johansson) che contraddistingue le gesta eroiche del paladino, impegnato a sgominare la cospirazione della potente Hydra, sopravvissuta alla sconfitta del nazismo, ed arrivata ai giorni nostri con l'intenzione di dominare il mondo, sottomettendo l'antico vincitore.
Se le sorti del mondo si decidono come sempre sul campo di battaglia, settore nel quale "Captain American: The Winter Soldier" si concentra con dispendio di energie, sia nella creazione di un villain del titolo, tanto letale quanto affascinante, che nell'organizzazioni dei fuochi d'artificio, a cui è assegnato il compito di suggellare il film con una battaglia di galattiche proporzioni (anche in termini di minutaggio) il lungometraggio non lascia nulla al caso anche per quanto riguarda le stanze dei bottoni, dove, questa volta, a contendersi la partita ci sono tra gli altri Samuel Lee Jackson nella parte di Nick Fury e, udite udite, Robert Redford in quello di Alexander Pierce, governativo con licenza di uccidere.
Se lo spettacolo è assicurato dalle polveri da sparo, "The Winter Soldier" riesce persino a coinvolgere quando lasciati da parte il montaggio stroboscopico e le dinamiche da macho, riesce a trasmettere la malinconia di un personaggio assediato dai fantasmi ( non solo Bucky Barnes ma anche Armin Zola non mancheranmo di far pesare il loro ricordo) e costretto ad obbedire alle strategie di un paese che stenta a riconoscere. Trattandosi di un prodotto mainstream, e per di più hollywoodiano non ci si può aspettare chissà quali sconvolgimenti, ma la presa di coscienza di una nazione destabilizzata nel cuore delle sue strutture è sufficiente a farci schierare dalla parte di Capitan America e dei suoi coraggiosi amici.
(icinemaniaci,blogspot,com)
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