Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
Abusi monitorati nell'invisibilità
In quest’opera di Atom Egoyan, tutti i personaggi principali, a ben vedere, subiscono la perdita dell’orizzonte di senso della propria esistenza. Certamente e in primo luogo è Cass, la giovane rapita per una svista occasionale del padre Matthew.
Da qui il senso di smarrimento si allarga dal padre alla madre Tina, i quali, come coniugi, sono costretti a vivere la perdita della loro propria bambina incrinando il rapporto, fino a fare di Matthew il colpevole per eccellenza di tale perdita.
Non solo, gli stessi poliziotti che operano sul caso, perdono sempre più la bussola: l’uno, Jeffrey, perché personalizza troppo gli eventi al punto di credere che lo stesso padre sia il responsabile del rapimento che ha venduto la figlia a una rete di pedofili per questioni di debiti; l’altra, Nicole, perché nonostante combatta contro il male è lei stessa ad averlo subito da adolescente.
Si tratta insomma di un gioco di specchi, in cui la colpa e il male si insinuano nei personaggi, ribalzano dall’uno all’altro, mettendo in discussione i rapporti famigliari, di colleganza e di innamoramento tra Jeffrey e Nicole, e in cui la stessa Cass negli anni trascorsi in prigionia cerca di essere compiacente al mostro pedofilo diventandone, col passare degli anni, in qualche modo complice, perché un po’ più adulta diventa l’adescatrice coatta in rete nei confronti delle altre bambine e bambini.
Il tutto calato in atmosfere cupe e paesaggi freddi e innevati, dove il nevischio continuo diventa il riflesso pervasivo di esistenze che vagano alla ricerca di frammenti di passato per ricostituire un presente che diventa sempre più minaccioso.
In questo senso il film è tutto giocato sul montaggio flashback, in cui passato e presente si accavallano continuamente lasciando allo spettatore la ricostruzione del progressivo dolore che attanaglia i personaggi. Ad accentuare il senso di tragicità grottesca è che Cass, nonostante gli abusi subiti (che non si vedono), per essere una buona adescatrice, ha bisogno di ispirazione, e perciò il pedofilo riprende costantemente, con telecamere nascoste, la madre di Cass presentandole ricordi della figlia, al fine di farle rivivere la sua presenza. Il tutto è girato con un’attenzione quasi morbosa verso gli interni e gli esterni, i frammenti di tempo che si sovrappongono, un po’ per disorientare e farci entrare nel disorientamento dei personaggi e un po’ per rendere ancora più attraente la sceneggiatura, ma in tutte queste operazioni da una parte viene messo a nudo l’impotenza esistenziale di fronte a un baratro che sembra davvero insuperabile, ma dall’altra ne risente l’opera in generale, che rischia di essere manierata. Resta un thriller doloroso per me sufficiente, giocato con sottrazioni durante l’arco del suo svolgimento, ma con accumulazioni verso il finale che finiscono per sovraccaricare con risposte scomparse e l’immancabile finale quasi lieto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta