Regia di Atom Egoyan vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2014 - CONCORSO
Atom Egoyan, regista canadese di origini armene che fu il mio preferito (o comunque nella manciata dei miei eletti) ai tempi di Exotica, Il dolce domani, Il viaggio di Felicia, torna con CAPTIVE, alle tematiche, dure e spietate, che lo resero grande: le violenze e gli abusi sui minori, la perdita di un proprio caro, il dolore atroce, insopportabile di chi resta, l'impotenza di chi si trova solo e senza gli affetti che giustificano un'esistenza che non sa dove andare e come organizzarsi senza la propria ragion d'essere.
La sparizione di una promettente pattinatrice sul ghiaccio di nove anni (tetro riferimento, certamente involontario, con un drammatico e non troppo lontano episodio vero di cronaca nera ai danni di una giovane promessa della ginnastica), svanita nel nulla dopo l'allenamento dalla macchina del padre il tempo che questi sbrighi una veloce commissione in una panetteria, getta sospetti sempre più devastanti e difficili da gestire sul povero straziato padre (Ryan Reynolds), sospettato di aver prima solo “affittato”, poi definitivamente “venduto” la figlia ad un clan di pedofili per questioni di lucro.
In realtà la ragazza è prigioniera di un insospettabile maniaco posto in alto nella gerarchia sociale di quella piccola comunità in una zona innevata e fredda del grande Canada e, dopo otto anni di dorata prigionia (si fa per dire), la stessa ha imparato a convivere quasi amorevolmente con il carceriere che ci si è affezionato e la usa come adescatrice di altri minori, non interessandole più sessualmente perché troppo adulta.
Seguiamo parimenti le concitate indagini di una tenace e temeraria poliziotta (Rosario Dawson) e del suo collaboratore-amante (Scott Speedman), che finiscono loro malgrado invischiati di persona in un intrigo giallo magari poco plausibile, ma di una certa efficacia narrativa, grazie anche ad un montaggio tutto flashback che il gran regista canadese dimostra di saper controllare e giostrare con la maestria che gli si riconobbe a metà anni '90.
Criticato o trattato freddamente a Cannes 2014, dove partecipò in Concorso, THE CAPTIVE ha il gran merito di restituirci il migliore Egoyan che conosciamo, lontano dalle incertezze ed i tentennamenti di Chloe e di Devil's Knot, e ci tiene incollati allo schermo, consci dell'inverosimiglianza di una a tratti forzata costruzione thriller magari un po' troppo scenica, ma di sicura presa emotiva. Nel variegato pregevole cast, segnalo in particolare Mireille Enos, madre coraggio vittima di un complotto che la distrugge lentamente aggrappandola ad una speranza sadicamente procrastinata all'infinito, e soprattutto il diabolico, mellifluo Kevin Durand. Il pedofilo insospettabile: un grande attore per un grande malvagio dalla organizzazione impeccabile, a prova di FBI.
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