Regia di Wuershan vedi scheda film
Painted Skin The Resurrection è un film cinese del 2012 diretto da Wu Ershan.
Sinossi: Il demone volpe Xiaowei dopo aver ottenuto la libertà, è rimasta imprigionata nel ghiaccio per secoli, proverà in tutti modi a conquistare l’amore e la fiducia di un uomo in modo tale da diventare mortale e poter vivere tranquillamente sulla terra.
Durante il suo cammino incontrerà personaggi assai particolari tra cui la principessa Jing, 14 figlia dell’imperatore della dinastia Han e il destino vuole che entrambi si innamoreranno dello stesso uomo; contemporaneamente due figure losche ed oscure avanzano verso la loro posizione…
Negli ultimi anni la Cina continentale ha scoperto un amore appassionante verso il genere fantasy tendenzialmente respinto dallo star system locale tuttavia poco dopo la fine dei giochi olimpici del 2008 (periodo in cui la censura era alle stelle) e vista l’ormai consolidata partnership cinematografica con Hong Kong (i fantasy di Tsui Hark hanno fatto la storia) i produttori cinesi hanno deciso di investire gradualmente su questo genere ottenendo sempre esiti dignitosi ma nel 2012 si è verificato qualcosa di inaspettato con un film fantasy locale che diventa il maggiore incasso della storia cinese superando i 100 milioni di dollari (parliamo di film autoctoni).
L’opera in questione è proprio Painted Skin The Resurrection, sequel di Painted Skin (2008) diretto dal veterano hongkonghese Gordon Chan.
Alla regia di Painted Skin The Resurrection troviamo il talentuoso Wu Ershan, reduce dall’eccellente The Butcher the Chef and the Swordsman, autore di etnia mongola che si è formato presso le accademie pechinesi diventando in seguito il più famoso e stimato regista pubblicitario cinese per poi nel 2004 (Soap Opera) intraprendere la carriera cinematografica con risultati superlativi attirandosi l’attenzione di pubblico e critica.
Painted Skin The Resurrection è un fantasy a tratti accattivante in cui si evince tutto il talento del regista, pensiamo subito all’ipnotico incipit con il demone volpe che riesce a liberarsi da una lastra di ghiaccio per poi fuggire spaventata dal luogo della prigionia ed ecco che il regista propone due/tre long-take con la macchina da presa assoluta protagonista al punto da ergersi a villain atta ad inseguire il demone mediante movimenti estensivi (all’indietro) che si evolvono in un’inquadratura a piombo tale da schiacciare il soggetto, chiara metafora del suo essere imprigionata (il demone sogna di diventare umana).
Nella sequenza successiva si cambia completamente registro e si respira una strana atmosfera “esotica” con richiami a culture lontane da quelle cinesi, ed infatti il film si contraddistingue per scenografie estrose e ricche di influenze dove più volte si evocano fiabe e generi occidentali come rappresentato dai due villain misteriosi ed oscuri a metà fra il gotico o lo stile barbarico.
Impossibile inoltre non citare alcune scene di ballo assolutamente conturbanti in grado di sprigionare una carica erotica ambigua e seducente.
Interessanti anche le scene d’azione tra cui merita attenzione il primo combattimento girato quasi tutto in slow-motion seguito poi da zoomate improvvise, movimenti sinuosi della camera e montaggio discontinuo.
Questo approccio tuttavia verrà sempre riproposto (i combattimenti sono comunque pochi) risultando alla lunga monotono e prevedibile.
Il film punta molto a mixare svariati generi, dal wuxia alla commedia arrivando al melò; a tal proposito Wu Ershan spinge troppo il pedale sul versante teen-movie, scelta apprezzatissima dal pubblico più giovane ma complessivamente noiosa e poco stimolante (alcuni flashback melodrammatici sono alquanto stereotipati e allungano inutilmente il film).
Nel complesso la pellicola è gradevole; sono diversi gli aspetti interessanti tuttavia al termine della visione non lascia allo spettatore sentimenti ed emozioni forti in quanto lo sviluppo narrativo (compreso i personaggi) è davvero poco approfondito e profondo, peccato.
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