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Marco Ferreri, il regista che venne dal futuro

Regia di Mario Canale vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Marco Ferreri, il regista che venne dal futuro

di hallorann
8 stelle

Nel decennale della morte di Marco Ferreri, Mario Canale presentò al Festival di Roma MARCO FERRERI. IL REGISTA CHE VENNE DAL FUTURO. Uscito su La7, coproduttrice del documentario, pochi giorni dopo la presentazione ne venne annunciata un’uscita ancora più ghiotta in dvd. Tale rimase, un annuncio. L’ennesima dimostrazione dell’indifferenza verso un autore ancora oggi fastidioso. “Abbiamo bisogno di pugni nello stomaco” dice Ferreri all’inizio dei sette capitoli che ripercorrono la carriera più che la vita dell’artista. “Immagini forti e moderne…il suo è un linguaggio cinematografico senza convenevoli”. Così viene presentato il regista nato a Milano il 1928, un anarchico etico che non riconosceva padroni e regole, “uno che seguiva l’istinto…quello dell’arte”.



LO SGUARDO SUL FUTURO.

“Sono i giovani ad essere vecchissimi nel loro modo di fare cinema”. Ferreri non amava il passato, la memoria, “lui che era capace di leggere nel presente i segni del futuro”. “Anticonformista, provocatorio nei modi, serio nell’opera, sperimentatore e sempre all’avanguardia”. “Io ho sempre lavorato come lupo solitario”. Da una intervista spagnola del ’78 in cui (cosa rara) parla anche di sé, apprendiamo gli inizi come rappresentante di liquori, fino a improvvisarsi nel 1950 direttore di produzione dell’esordiente Michelangelo Antonioni (CRONACA DI UN AMORE). Con lo stesso spirito avventuriero si trasferisce in Spagna, gira tre film in cui “attenta in termini morali alla società spagnola mettendo in crisi la censura franchista”. EL PISITO parla della distruzione della famiglia, EL COCHECITO contro il perbenismo, LOS CHICOS contro la speranza della gioventù. Tutti e tre minano la base ideologica franchista e il regista li scrive insieme allo sceneggiatore ed ex brillante umorista Rafael Azcona.



L’IDEA DEL FILM.

Rientra in Italia con l’etichetta di regista dello humour nero e l’unione tra il suo talento visivo e l’umorismo grottesco di Azcona dà frutto a L’APE REGINA, prima pellicola di una serie dedicata all’istituzione matrimoniale vista come gabbia di ipocrisie e abbruttimento, sguardi corrosivi che ottengono scandalo e successo.



LA SCENEGGIATURA E LE STORIE.

Sintomatica è la storia de L’UOMO DEI 5 PALLONI che il produttore Carlo Ponti decise di censurare riducendolo a un episodio. La coprotagonista Catherine Spaak (al solito) si manifesta insofferente al presunto e/o eccessivo maschilismo dei registi italiani. L’episodio in seguito confluirà nello sfortunato lungometraggio BREAK-UP. L’uomo moderno va in frustrazione per un nonnulla e non riuscendo a risolvere un quesito si butta dalla finestra. Troppo spregiudicato per l’epoca ma sarà la cifra futura dell’autore.



GLI ATTORI.

Lancia in ruoli poco accomodanti Ugo Tognazzi e ne diviene amico, idem con Michel Piccoli e Marcello Mastroianni. “Il rapporto con gli attori è l’ultima cosa che mi interessa…con loro instauro un rapporto fisico, psichico per trasportare i sentimenti che io provo agli spettatori”. In questo capitolo ci si sofferma sull’amicizia e collaborazione con Mario Schifano, in un certo senso il suo cinema si avvicina alla pittura, alla letteratura di quegli anni. Il direttore della fotografia Mario Vulpiani racconta i singolari trucchi inventati per IL SEME DELL’UOMO, mentre il critico Stefania Parigi ricorda che “il tema della catastrofe è una metafora per esprimere la crisi della società contemporanea, la quale non è necessariamente la previsione di un futuro politico…”.



M.FERRERI UN ATTORE NATO.

Una carrellata rievoca i camei nei suoi film e le partecipazioni per altri registi: Tognazzi e Pasolini tra gli altri. Sul set de L’UDIENZA la prima scelta David Warner abbandona il ruolo perché non riusciva a capire come recitare e viene sostituito da Enzo Jannacci nella parte del protagonista.



L’INFORMAZIONE.

A Cannes fischi e insulti per il nuovo scandalo intitolato LA GRANDE BOUFFE. L’eccentrico NON TOCCARE LA DONNA BIANCA, girato in una buca di Parigi. “Io cerco di registrare il malessere tra uomo e donna” ed è la volta de L’ULTIMA DONNA a cui negli anni ottanta seguiranno altri titoli femministi, spesso interpretati da Ornella Muti. “L’opera di Ferreri andrebbe analizzata come il catalogo di un pittore: ritorno di temi, colori, ossessioni…”.



IL CINEMA.

Nell’ultimo capitolo Ferreri, sempre estrapolato da interviste sui set di I LOVE YOU, LA CASA DEL SORRISO e LA CARNE in particolar modo, si scaglia contro il cinema americano brutto che ha invaso il nostro immaginario, paragona Ingrid Bergman alla luce in persona, il narratore Michele Placido (doppiatore in CIAO MASCHIO, attore nel televisivo YERMA e in COME SONO BUONI I BIANCHI), invece, sottolinea l’insegnamento di non atteggiarsi mai, la semplicità, l’umiltà di regista. “Io sono europeo e perciò sputo dove me trovo male” dice con il consueto accento romano milanese che lo rendeva (anche in questo) originale e distinguibile da tutti gli altri.



Mario Canale rende omaggio a un grande autore raccontandolo alla sua altezza. Lo si vede (tranne nell’intervista spagnola) sempre ai margini di qualche set: sul ciglio di una strada della periferia parigina, nei parcheggi di un supermarket, in posizioni e luoghi scomodi come il suo cinema e il suo pensiero. Esposto in maniera esemplare e sincera attraverso un viaggio biografico molto simile alla sua filmografia, arricchito da testimonianze, curiosità e rarità mai viste. Il titolo ne riassume al meglio ciò che è stato e ciò che sarà per sempre Marco Ferreri.

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