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L'ombra di mille soli

Regia di Roland Joffé vedi scheda film

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La recensione su L'ombra di mille soli

di supadany
7 stelle

Titolo attesissimo ai tempi della sua uscita in sala, un po’ perché si trattava della terza opera per Roland Joffè (nominato agli Oscar in entrambi i precedenti, “Urla dal silenzio” (1984) e “Mission”(1986)), un po’ per il tema trattato, ovvero l’origine della bomba atomica.

Fu però accolto male in sala, segnando l’inizio di un brusco calo per Joffè, e questo non avvenne per caso, perché nonostante il tema susciti parecchio interesse, il racconto non sempre riesce ad amplificarne la portata.

In piena Seconda Guerra Mondiale, al generale Groves (Paul Newman) viene affidato il compito di portare a compimento il “Manhattan Project” volto alla realizzazione della bomba atomica.

Mette insieme un folto gruppo di scienziati obbligati a lavorare nel più totale riserbo, più la deadline si avvicina, più affiorano perplessità sulla natura di un’arma così letale, ma il generale non si ferma di fronte a niente, obbligato più volte a confronti diretti con Oppenheimer (Dwight Schulz), una delle principali menti coinvolte.

Come andrà a finire, Hiroshima e Nagasaki, lo sappiamo tutti benissimo.

 

John Cusack, Dwight Schultz, Paul Newman

L'ombra di mille soli (1989): John Cusack, Dwight Schultz, Paul Newman

 

Progetto ambizioso, condizionato a monte da una scrittura prolissa che porta il film ad avere lunghi tratti dallo scarso ritmo e poche alternative valide sulle quali giostrare.

Questo almeno nella prima metà che prosegue lentamente, ed in maniera anche un po’ legnosa, sostenuta più che altro dalla figura di Paul Newman chiamato ad imporre l’autorità del suo personaggio e pochi rapporti umani (vedasi quello extraconiugale di Schultz).

Nel secondo tempo però le cose migliorano parecchio più ci si avvicina al nocciolo della questione, le contrapposizioni si fanno sempre più forti, tra dilemmi morali ed obiezioni di coscienza, con uno sguardo (preoccupato) verso il futuro, con le distinzioni tra l’impostazione degli scienziati e dei militari, a partire dalle modalità di lavoro (collaborazione per i primi, individualismo per i secondi), con propositi agguerriti che un grave incidente (la morte arriva ancor prima dell’utilizzo concreto dell’arma) nemmeno può lontanamente scalfire.

Non si lavora sempre particolarmente di fino, ma viene data voce ad entrambe le campate, con materiale adatto a generare una discussione che prima di tutto si vede all’interno del film, con qualche concessione di troppo al sentimentalismo (come l’amore distrutto dell’infermiera).

Valido il cast, soprattutto in relazione al periodo (poi alcuni sono scomparsi dai radar); Paul Newman è granitico, John Cusack vivace (e questo rende ancor più doloroso il destino del suo personaggio), Laura Dern offre diverse tinte (fresca ed anche drammatica), Dwight Schulz è più volte chiamato a confronti diretti con Newman ed infine sullo sfondo un’abbandonata Bonnie Bedelia.

Non sfruttate al massimo invece la innate qualità di Vilmos Zsigmond (fotografia) ed Ennio Morricone.

Tra pro e contro, rimane comunque una pellicola che affronta un tema fondamentale per la storia da quel momento in avanti, tanti sono i titoli impostati sulla Seconda Guerra Mondiale, ma qui vi è uno sguardo differente, la battaglia rimane fuori campo, se non per le parole spese, non per niente anche quando la guerra sta volgendo al termine non si rinuncia a proseguire nel progetto e per il resto, la storia è già stata scritta.

Importante (almeno come documento e sguardo), ma lontano dal poter essere considerato riuscitissimo.

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