Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Un giovane napoletano parte alla ricerca di se stesso e del suo posto nel mondo. Parla molto, va diverse volta avanti e indietro, non arriva lontano e non trova un granché.
Questo film è un curioso esempio di cinema semplicissimo, girato dal neofita Troisi, che però funziona bene, chissà come. Cinematograficamente è esile, ma la sostanza sta altrove, cioè nella bravura dell'attore/regista e nella carica di umanità che sa infondere alle situazioni e al suo personaggio.
il personaggio a poco a poco ci coinvolge e ci interessa, e volentieri ne ascoltiamo i monologhi. In essi si fondono misteriosamente l'umorismo, la malinconia, il pessimismo, l'autoironia, e un disagio esistenziale di fondo (che si vede bene nella scena del matrimonio al ristorante). Credo sia un equilibrio non facile da raggiungere. Ne esce il ritratto di un uomo timido e pavido, soprattutto davanti alle donne, che è troppo inguaiato e confuso per ardire ad aiutare gli altri, o anche solo ascoltare i loro problemi.
Sullo sfondo vediamo la società di quegli anni, con le sue velleità e fallimenti (vedasi la coppia aperta); ma il protagonista è sempre un pesce fuor d'acqua, che abdica a capire e partecipare alla società che lo circonda, e desidera al massimo un piccolo territorio per sé e per la propria donna, una donna con riuscire finalmente a mettersi assieme. Insomma, è un obiettivo minimalista, ma nella visione di Troisi pare che ci si debba accontentare di ciò, senza ambire ad altro.
Anche l'uso del napoletano fu una scommessa vinta, dal momento che il film sapette imporsi in tutta Italia.
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