Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Curiosa (ma ovviamente non casuale) trasferta non napoletana per l'esordio cinematografico di Troisi. La confusione di un giovane spaesato, vissuta con un'amarezza sottile che viene mascherata da modi gioviali e da un sarcasmo tanto amabile che a prima vista può apparire fine a sé stesso (ma che dice più di dieci trattati), il tutto incorniciato da una svogliata incapacità di mantenersi al passo con la folle evoluzione dei rapporti amorosi. Insomma, c'è il Troisi dei film successivi, un po' l'amico che sarebbe bello avere: pigro ma affettuoso, timido ma piacevole, simpatico ma non volgare, ignorantello ma capace di ascoltarti finché ne avrai bisogno. Sia le capacità filmiche che (ovviamente) quelle comiche sono già su livelli notevoli, ma chiaramente ancora da affinare, da sciogliere e rendere più spontanee. La cosa che però funziona davvero peggio rispetto ai film successivi, è la protagonista femminile: troppo imbevuta di tutti gli stereotipi femministi post sessantottini. Finché è tenuta come personaggio secondario ci sta ed è contestuale, ma quando verso la fine comincia a diventare coprotagonista vera e propria, appesantisce troppo l'atmosfera. Se avessero concluso la vicenda una ventina di minuti prima il film ne avrebbe guadagnato.
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