Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Massimo Trosi insieme ad Edoardo, Totò e ancora prima Raffaele Viviani e Scarpetta con pochi altri, rappresenta artisticamente la napoletanità, che non è soltanto, come superficialmente si può ritenere, un mero appartenere alla citta partenopea ed esprimersi nel relativo dialetto, è invece molto di più, è un luogo dell'anima, è il modo di percepire e vivere la vita, è qualcosa di veramente unico che pochi sono riusciti a portare al teatro e al cinema.Massimo ci ha lasciato troppo presto, però la sua eredità artistica è rimasta tra noi ed è ancora viva. La mimica, la gestualità, i silenzi sono le caratteristiche di un uomo di spettacolo assolutamente straordinario e inimitabile. Questo film, che è il suo primo lavoro cinematografico, dopo l'esperienza televisiva della smorfia, è sul piano tecnico ancora rudimentale, ma dal punto di vista della sceneggiatura è un'opera già eccellente. Ci sono elementi di grande interesse in una commedia che fa tanto ridere, ma anche pensare.La trama è semplice, giovanotto napoletano , senza un lavoro fisso, cerca fortuna a Firenze , dove vive una zia che però non sembra potergli dedicare molte attenzioni..Ma questo viaggio diventa l'occasione per confrontarsi con un'altra realtà,fa incontri anche stravaganti ,il pazzo suicida, il divulgatore religioso porta a porta, esperienze istruttive per la sua maturazione, conosce una ragazza sessualmente emancipata, autonoma economicamente e socialmente indipendente ,acculturata, lontana anni luce dalle donne della sua famiglia che vivono invece passive e riflesse nel mondo degli uomini, la scena del matrimonio della sorella è emlematica.Mentre il padre si arrabbatta a cercare di persuadere il suo santo protettore a "ridargli la mano" di cui è rimasto privo, il nostro cerca di superare i tabù che la famiglia d'origine gli ha trasmesso,con molta fatica.E' disorientato, si muove con affanno, ma c'è in lui anche se ancora in germe ,un barlume, un qualcosa che gli potrebbe consentire di scrollarsi di dosso questo pesante retaggio. Alla fine accetta perfino una paternità molto dubbia.Troisi mette molta carne a cuocere, ma non brucia lo stufato, ha tante cose da dire e lo fa con ironia, simpatia e garbo.Alcune battute sono rimaste celebri, ma di fondo c'è una profonda malinconia che poi attraversa tutto il cinema del grande artista.
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