Regia di Massimo Troisi vedi scheda film
Opera prima, la cui essenzialità, da taluni criticata, consente di considerarla un vero e proprio classico, nel senso più autentico del termine. L'essere umano, con le sue emozioni, è al centro di tutto, e anche la macchina da presa rimane un elemento che deve (può) soltanto limitarsi a registrare, senza nulla apportare.
L'espressione "classico" viene spesso, e intuitivamente, associata ad "antico". L'etimologia, per contro, rimanda al significato di "migliore". L'epoca classica, a sua volta, rimanda a un periodo storico ben preciso, e contraddistinto da semplicità e purezza, di idee e di rappresentazioni. Non riesco a immaginare un termine differente, per descrivere questo debutto cinematografico dell'artista Massimo Troisi: classico per la sua essenzialità e per essere uno dei migliori (film della storia).
Come spesso avviene in questi casi, al neoregista viene affiancato un aiuto esperto: difficile pensare di improvvisarsi registi e già possedere tutte le doti di chi è del mestiere. Se, da un lato, la carenza di esperienza limita il risultato, dall'altro accentua le doti attoriali e autoriali: senza orpelli, ciò che resta è l'essenziale. Si dice che una buona pizza vada gustata senza fronzoli o farciture, per poterla apprezzare nella sua sostanza. Mi piace dunque pensare Ricomincio da tre come quella pietanza, perfetta anche nella sua essenzialità.
Una delle "accuse" al Troisi regista è l'uso statico della macchina da presa, che sembra però più una scelta ideologica che una lacuna artistica: è l'oggetto, che deve essere al servizio dell'uomo, e non viceversa.
La maggior parte delle scene del film regala motti o spunti che restano, e si portano con sè anche dopo 30 o 40 anni: quanti di noi, hanno pensato alla querelle "Ugo/Massimiliano", scegliendo il nome per i propri figli?
L'uso della comicità in Troisi viene spesso improntato alla critica sociale o culturale, ed è disarmante la semplicità con cui, in un paio di battute, sia capace di mettere a nudo l'assurdo o l'ipocrita: penso, per esempio, al dialogo introduttivo sui miracoli.
La dimensione sociale viene esplorata, narrata, e perfino criticata, a partire da quella individuale, e di riflesso ad essa. L'essere umano è centrale, e non si può prescindere dai suoi bisogni, fragilità, debolezze, e aspirazioni.
Se accostiamo questo, per esempio, al quasi coevo Ecce Bombo morettiano, non è possibile non percepire la contrapposizione narrativa, stilistica, ma, soprattutto, la differente umanità dei due autori: Troisi esprime critiche quasi amorevoli, che non accendono nè esasperano mai i toni. In anni di grandi scontri sociali e dominati dagli estremismi, da una parte, e, per contro, da una sorta di fuga verso la commedia più demenziale e scollacciata, Ricomincio da tre sembra portare realmente un approccio diverso. Nessun clamore, nè ostentazione, contrapposizione, forzatura: tra un dialogo e l'altro, scorrendo personaggi a volte un po' (troppo) macchiettistici, Massimo ci parla un po' di sè, e, quindi, anche di ognuno di noi.
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