Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Un confetto soffice, dolce, variopinto, nostalgico, spassoso e positivamente non convenzionale.
Un confetto soffice, dolce, variopinto, nostalgico, spassoso e positivamente non convenzionale: così è definibile Grand Budapest Hotel, ottava pellicola di Wes Anderson. Il regista texano, anche sceneggiatore, vuole omaggiare la fervida immaginazione dello scrittore austriaco Stefan Zweig (anche citato nei titoli di coda), e per farlo ricorre a un plotone di attori sensazionali: un superbo Ralph Fiennes (il suo pittoresco concierge lascia il segno), un convincente Tony Revolori, un esilarante Willem Dafoe, uno strambo Adrien Brody, e poi Tilda Swinton, Bill Murray, Jason Schwartzman, Owen Wilson, Edward Norton, Saoirse Ronan... Anderson delizia letteralmente il suo pubblico con un canovaccio leggero e appassionante, sbalorditivi artifizi di ripresa (i movimenti di macchina sono rettilinei e le inquadrature fisse, come nel consueto stile di Anderson), quattro rapporti d'aspetto che scandiscono quattro epoche (1932, 1968, 1985, oggi), costumi fastosi, scenografie dai mille colori. E inoltre recupera un tipo di messa in scena composta e d'altri tempi, dalla quale sboccia un umorismo raffinatissimo. Sembra in sostanza di guardare dal vivo un film comico degli anni Venti: trovarvi una qualche profondità di significato è pressoché impossibile, ma lo è anche non divertirsi.
La superlativa colonna sonora è del celebrato Alexandre Desplat.
OTTIMO film (8) — Bollino VERDE
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