Regia di Wes Anderson vedi scheda film
E' il primo film che vedo di Wes Anderson, dunque non posso fare confronti con le sue opere precedenti, né ho potuto cogliere molte citazioni evidenziate da altri recensori. Il cinema di Anderson (da non confondere con il suo omonimo Paul Thomas, che invece resta uno dei miei registi preferiti) si presenta all'insegna di una smagliante veste formale, di una splendente bizzarria cromatico-scenografico-musicale che non può non colpire i sensi dello spettatore, e infatti sono arrivati anche quattro Oscar tecnici per costumi (di Milena Canonero), scenografia e colonna sonora e trucco. Oltre alla bellezza visiva, il film si raccomanda per il sentito omaggio alle opere dello scrittore di lingua tedesca Stefan Zweig, di cui vengono rielaborati diversi scritti, ma anche per uno sguardo ad un passato mitteleuropeo rievocato con un'adesione autentica, una punta di nostalgia che non guasta mai. Queste qualità bastano a fare di "Grand Budapest Hotel" il capolavoro che vorrebbe la parte più benevola della critica? A me è sembrato però che la costruzione narrativa del film sia un po' troppo cerebrale, con una seconda parte che accumula colpi di scena in modo piuttosto meccanico: le qualità di messa in scena restano sempre di prim'ordine, ma il contenuto finisce per risultare a tratti stancante e ne risente l'emozione, che latita in alcune parti che avrebbero potuto risultare più coinvolgenti. Nel cast si segnala soprattutto l'ottima prestazione di Ralph Fiennes tornato a mostrare il meglio del suo talento affianco al giovane Tony Revolori di origine del Guatemala, che non sfigura nel confronto impegnativo, e a tutta una serie di divi e celebrità in brevi cameo che aggiungono un po ' di colore, ma non molto in più (bravo soprattutto Jude Law nel ruolo dello scrittore ). 4 stelle piene, ma non oltre.
Voto 8/10
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