Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Il mondo fiabesco e di cartapesta di quel folle d'un Wes Anderson trova la sua apoteosi e massima ed ardita rappresentazione scenica e scenografica in questo suo ultimo, spassosissimo e divertente film, giustamente premiato a Berlino con il secondo, ma pur sempre prestigioso, premio festivaliero tedesco.
La storia, corale e che grazie a ciò consente all'autore di poter utilizzare praticamente tutti i suoi piu fedeli collaboratori e di aggiungerne oltre una decina di altri, tutti strepitosi, è semplice, nemmeno molto originale, certamente gia' vista e rivista. Una storia di una ingente eredità contesa tra il beneficiario indicato, un famoso e meticoloso concierge (Ralph Fiennes) di un maestoso hotel situato tra le foreste di un'Europa del periodo tra le due guerre e sempre troppo di confine per non essere interessata ed influenzata dagli eventi che stravolsero il continente in quei tormentati anni, e il mefistofelico parente più prossimo della maliarda (lui Adrien Brody, adorabile carogna, lei Tilda Swinton efficacemente incartapecorita). Una vicenda di misfatti, imbrogli, omicidi a sangue freddo (del povero Jeff Goldblum, comico anche nel fare la fine del suo povero gatto persiano), incarcerazioni ingiuste e relative rocambolesche evasioni lungo valli scoscese e dirupi innevati, funicolari improbabili dove una organizzazione impeccabile attivata dall'interessamento dei migliori maitres d'hotel del resto d'Europa, riuscirà a far trionfare la parte più debole ed onesta a scapito degli assassini senza scrupoli che li perseguitano lungo tutta la concitata vicenda. Il tutto raccontato dalle parole intrise di emozione dell'ormai anziano lobby boy (F. Murray Abrahams) ad un turista cortese ed interessato (Jude Law). Uomo anziano ormai ricchissimo, il primo, che da giovane venne preso sotto la protezione del celebre concierge, fino a divenire erede della immensa ricchezza della vecchia defunta, grand hotel compreso. Ciò che più conta nei film strepitosi e folli di Anderson, non è tanto la storia, ma piuttosto come essa viene raccontata, attraverso utilizzo di siparietti comici irresistibili (tutta l'evasione, girata con la velocità stordente di una comica; la chiamata dei concierge di tutta Europa, uniti e solidali per la causa del loro collega, sempre impegnati in altre faccende, ma disposti ad abbandonare ogni attività per intervenire in soccorso del celebre collega); e pure molto attraverso l'utilizzo di scenografie di cartapesta che risultano tuttavia suggestive e "possibili" come e più di quelle reali: un hotel tra le foreste che subisce le influenze e le modificazioni arbitrariamente influenzate dal corso degli eventi, e dunque da albergo di primo splendore si vede trasformato quasi in una caserma di lusso per milizie dittatoriali di regime: una magione che ricorda un po' la meraviglia scenografica di Moloch con il suo castello hitleriamo sperduto tra le rocche innevate, mista ad un paesaggio magico e vertiginoso che mi fa pensare alle atmosfere montane sadico-polaskiane delle foreste e vallate di "Per favore non mordermi sul collo". E poi il senso del vuoto e della vertigine di precipizi impossibili o mura da scavalcare in bilico sull'abisso, auto in corsa all'impazzata, un adrenalinico quanto spassoso inseguimento tra un killer spietato sugli sci (Willem Dafoe, grandioso) e i nostri due protagonisti (con quelle espressioni da topini smarriti, irresistibili) dietro di lui in slitta. La presenza, tra i mille attori coinvolti, della nostra fantastica e spesso troppo nascosta Giselda Volodi, volto spigoloso tra i più interessanti del nostro panorama nazionale, qui in un ruolo veloce ma da far "perdere la testa" (letteralmente). Insomma uno spasso rutilante a perdifiato per un'ora e quaranta di divertimento totale e senza tregua. Grand Budapest Hotel è il concentrato più completo di tutta una filmografia d'un autore originale ed unico, che qui raggiunge il suo massimo livello di forma e risultato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta