Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Il Grand Budapest Hotel sorge sulla cima di una montagna, nell'immaginaria nazione mitteleuropea di Zubrowka. Nella seconda metà del XX secolo appartenne al ricchissimo Zero Moustafa, un uomo che lavorò lì negli anni '30, alle dipendenze del leggendario concierge Gustave H, insieme al quale visse una pericolosa avventura legata alla contesa per l'immensa eredità di una ricca donna, tra le incognite di una situazione politica estremamente instabile. "Grand Budapest Hotel" è una commedia d'azione diretta da Wes Anderson, dalla sceneggiatura complessa ed un'estetica certamente inusuale, basata su una fotografia "carica", enfatizzata dalla saturazione dei colori mostrati, la quale trasmette senso d'irrealtà, e, a tratti, anche di fiaba. Il "non luogo" nel quale si svolge il racconto, è una landa dell'Europa continentale la quale richiama l'Austria o la Repubblica Ceca; il background storico è ispirato all'espansionismo tedesco degli anni '30 (occupazione di parte della Cecoslovacchia, "Anschluss" dell'Austria). Di fianco ai gravi eventi politici, nei quali i protagonisti sono direttamente coinvolti, il regista pone una lotta per l'eredità di Madame H, anziana cliente dell'albergo, nonchè tra le amanti di Gustave, nel corso della quale, il figlio, il sinistro Dimitri, ha modo di scatenare la propria ferocia. Le altrui avidità e brama di potere portano Gustave in carcere; da qui, grazie all'intervento di Zero e della sua innamorata Agatha, il concierge riesce a fuggire e, successivamente, a dimostrare d'essere l'erede d'ogni bene della defunta, compreso lo stesso Grand Budapest Hotel, il quale è poi lasciato al fedele Moustafà, in segno di un'amicizia che l'intero racconto esalta. I due protagonisti hanno caratteri "complementari"; tanto è sicuro e baldanzoso Gustave, quanto timido, dimesso ed incerto il suo aiutante. Le avventure che vivono, loro malgrado, rendono Zero una sorta di erede spirituale di Gustave, il quale finisce inevitabilmente inghiottito dal vortice della Storia; ne raccoglie il testimone il giovane Moustafà, che gestisce il "Grand Budapest Hotel" con la stessa cura del predecessore, tramandandone un ricordo destinato a sopravvivere al mutare dei tempi ed ad una prossima demolizione dell'albergo stesso. Wes Anderson racconta di una lotta tra il bene - amicizia, condivisione, amore - ed il male - sopraffazione, ideologia nociva, cupidigia - con il suo consueto e peculiare stile. Imbastisce scenografie varie e ricche di dettagli, dai colori improbabili; veste i personaggi con costumi fantasiosi. Sceglie di ubicare il racconto in un luogo di fantasia, ma con puntuali riferimenti alla realtà (cartellonistica in inglese, divise dei mlitari non molto diverse da quelle delle SS, ambientazioni montane che richiamano le Alpi). Ciò trasmette senso di indefinitezza - e fiabesco - e, allo stesso tempo, rende evidente, per chi sa cogliere sudetti riferimenti, il biasimo per i fatti riguardanti un preciso momento storico del secolo passato, a memoria di ciò che fu e monito per il futuro. Il ritmo del racconto è sostenuto; la visione è resa piacevole ed appassionante dalla varietà di ambienti e situazioni - si va dai confortevoli locali del "Grand Budapest Hotel" ad impianti sportivi d'alta quota, passando per una oscura prigione-fortezza, con il suo microcosmo di reclusi e dalla quale non è facile fuggire. Pur avendo il racconto toni da commedia, non mancano momenti macabri o grotteschi, generalmente legati all'azione di Jopling (Willem Dafoe), il minaccioso sicario di Dimitri. L'opprimente "clima politico", immagini, costumi, ruoli dei personaggi, ricordano il cinema di un secolo fa ed acuiscono il senso del trascorrere del tempo. Il racconto si apre e si chiude in un cimitero; da qui si risale all'autore di un libro, scritto nel 1985 e basato sulle memorie dell'ormai anziano Zero, acquisite nel 1968 e riferite agli anni '30. Si narra di fatti di epoche passate, destinate a divenire leggenda, in una naturale trasfigurazione legata al lento ma costante mutamento dei tempi. Wes Anderson può contare su un cast di rilievo. Gustave H è interpretato da Ralph Fiennes; il giovane Zero Moustafa dall'attore di origine guatemalteca Tony Revolori. Tilda Swinton è Madame D; Adrien Brody il maligno Dimitri. L'evocativa colonna sonora è curata da Alexandre Desplat. Trovo i film di Wes Anderson gradevoli da vedere, ma non di semplice comprensione; ho interpretato "Grand Budapest Hotel" come un racconto di amicizia e formazione; l'epopea di una lotta del bene contro il male; un monito circa le conseguenze dell'affermarsi di ideologie malsane. Il tutto ammantato di "antico"; ma un "antico" fuori da ogni tempo e luogo, e, dunque, regolato da schemi in grado di sovrapporsi ad una qualunque realtà, compresi i nostri presente e futuro.
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