Regia di Andres Arce Maldonado vedi scheda film
Domani è San Valentino, oggi è un altro giorno senza amore. Sulle strade asfaltate di noncuranza s’incontrano le storie di Kamal, Vania e Lucrezia. Tunisini, moldavi, italiani, ugualmente confinati ai margini di qualsiasi appartenenza sociale, familiare, affettiva. Il loro futuro è un orribile ricatto con se stessi, dove si può scegliere di soccombere con dignità o lasciarsi vivere svuotati. Nessuno vuole morire, nel piccolo densissimo tempo a cavallo di una svolta illusoria, sebbene il panorama offerto dall’opera seconda di Maldonado sia già una funerea landa desolata. Ci si indebita per la felicità e si finisce a contorcersi in una rete vischiosa di fantasmi ritornanti, in questo piccolo film tratto da un fatto nero di cronaca che ha la forza di affondare uno sguardo mai giudicante sui suoi miserabili. Gente comune che si dibatte cercando disperatamente di tenersi a galla: in una struttura circolare tragica che nell’acqua nasce e all’acqua ritorna, unica metafora poetica concessa a una narrazione scarna che colpisce per la ruvidità con cui porta avanti i suoi destini incrociati. Presentati con pochi tratti asciutti e acuminati (Kamal, corpo agonizzante di un riscatto impossibile) o doppiati dal cliché (Lucrezia, le cui ferite esistenziali si traducono purtroppo nelle battute meno felici): traghettati dalla chitarra narrativa di Trani in un inferno metropolitano, sono i volti e le voci - discontinue, ma coraggiose - di una denuncia all’indifferenza che trova nell’epilogo il suo climax vertiginoso, febbrile, empatico.
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