Regia di Claudio Amendola vedi scheda film
Con La mossa del pinguino Claudio Amendola, a trent’anni dal suo debutto come attore, esordisce alla regia e fa centro. Contro tutti i pregiudizi della critica obsoleta, Amendola stupisce per la sua sobrietà di scrittura e per la sua vivacità, per mezzo di battute pungenti e ironiche, degne della migliore commedia italiana.
Sceglie di raccontare la storia di quattro personaggi azzeccatissimi, adagiati nella loro romanità reale, perfettamente integrata e connaturata ai luoghi che frequentano, vivono e fanno tutt’uno con il loro carattere. Questi coltivano un sogno, quello olimpico, dopo aver scoperto, per caso, il gioco del curling e si convincono di poter partecipare alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006 dove l’Italia, paese ospitante, avrà di diritto una squadra qualificata. Fra ingegnosi allenamenti, improbabili e surreali regole, riescono a diventare campioni italiani, acquisendo così il diritto di partecipazione alle Olimpiadi.
In realtà, quella di Amendola è una commedia amara. Una storia divertente, certamente, ma che vede le vite di quattro uomini comuni ad affrontare il loro riscatto, individuale e familiare, prima ancora che sociale. Fra chi è rimasto un uomo ancora bambino, sognatore di successi, un altro che vive di ogni espediente che ha a che fare con la finzione, o chi possiede un carattere rigido, Amendola ricostruisce una storia, abbastanza fedele e reale (finalmente la Roma lontana dai Lungotevere, dalle terrazze Parioline e dalle case ozpetekiane). Uomini che si confrontano con un universo, compreso quello femminile, qui interpretato dalla straordinaria Francesca Inaudi (che non sarebbe stato male vedere anche nel manifesto del film, che la dice lunga rispetto a certa cultura imperante, a proposito di donne. Anche al cinema), capace di far ridere e piangere, per la sua naturale interpretazione di donna, alle prese con un figlio, la casa e la precarietà di una vita in disordine. Convince anche Edoardo Leo e, come sempre, anche la bravura di Ennio Fantastichini. Come nella migliore commedia italiana, ma soprattutto quella de I soliti ignoti, “l’armata Brancaleone del curling”, ci fa rimpiangere senz’altro Mario Monicelli, ma fa apprezzare un attore, e oggi anche regista, di grande talento, come Claudio Amendola, come pochi, capaci di raccontare, per mezzo di un genere abbastanza bistrattato, come la commedia, finalmente la reale “gente di oggi”, così come capita di incontrarla in strada, nei bus, non in case belle ed eleganti. Soprattutto, è evidente che si tratta di un uomo di cinema che non si prende troppo sul serio, facendo dell’autoironia, in rapporto agli altri e a se stesso. Caratteristica che manca a tanto cinema di casa nostra…
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